Negli ultimi anni, per quanto riguarda la lotta ai tumori, vi sono stati dei progressi, ma indubbiamente molto resta ancora da fare. Le terapie d'elezione utilizzate nella cura delle patologie tumorali non sono infatti scevre da effetti collaterali pesanti che possono incidere sull'efficacia delle cure. Per questa ragione, recentemente sono stati sviluppati farmaci sempre più selettivi in grado di andare a bersagliare le cellule cancerogene risparmiando quelle sane.

Tumori: nuove possibilità di cura

In questo senso una delle strade più promettenti nella lotta ai tumori è rappresentata dall'impiego delle nanotecnologie.

In particolare, la scoperta realizzata da un team di ricerca italiana rende conto proprio degli ultimi progressi fatti in questo campo. I ricercatori dell'istituto italiano di tecnologia (Lit) Genova, il cui progetto è stato finanziato dal consiglio europeo della ricerca (ERc), hanno utilizzato delle nanoparticelle allo scopo di aggredire il glioblastoma multiforme, che è il tumore più aggressivo che colpisce il cervello. L'obiettivo di fondo di questa ricerca è di poter disporre di farmaci 'intelligenti' in grado di colpire selettivamente solo i tessuti malati senza andare a danneggiare quelli sani. Ma andiamo a considerare più nello specifico come funzionano queste nanoparticelle nel torrente sanguigno alla ricerca dei tumori.

Nanoparticelle: nuove prospettive di cura per i tumori

Queste nanoparticelle sono state sperimentate in laboratorio su diverse patologie tumorali (oltre che sul glioblastoma anche per il cancro al seno) allo scopo precipuo di combinare la chemioterapia e l'immunoterapia, per raggiungere due risultati: attaccare i tumori con i farmaci e al contempo promuovere e rafforzare la risposta di difesa del sistema immunitario dell'organismo contro le cellule tumorali.

Per raggiungere questi obiettivi le nanoparticelle possono diventare soffici o dure come delle porzioni di osso. Nel primo caso la sofficità serve per ingannare il sistema immunitario, in quanto in tal modo riescono a sfggire al controllo dello stesso e quindi a trasportare il farmaco anti-tumorale direttamente all'interno delle cellule tumorali.

La rigidità invece serve all'opposto per essere riconosciute dai macrofagi, cellule del sistema immunitario che appartengono al sistema dei fagociti. In tal modo le napoparticelle diventano una sorta di cavalli di troia per trasportare i farmaci all'interno dei macrofagi, che quindi diventano un'arma in più per attaccare i tumori.