Gli scienziati Usa hanno messo a confronto dei topolini incapaci di produrre TTP (tristetraprolina) con dei topolini che invece di TTP ne producevano in abbondanza. Ebbene mentre i primi andavano incontro ad una rilevante perdita di osso (20% in nove mesi), i secondi risultavano protetti dalle infiammazioni del cavo orale, associato ad un ridotto turnover dell’osso. In Belgio, invece, hanno studiato delle sostanze utili come substrati della flora batterica della bocca al fine di favorire la formazione di un biofilm protettivo delle mucosa orale.

La N-acetil-D-mannosamina è risultato il prebiotico orale più promettente.

Una proteina chiave

Secondo Keith Kirkwood, uno dei ricercatori del dipartimento di Biologia Orale dell’Università di Buffalo e autore del lavoro pubblicato il 7 marzo su Journal of Dental Research, la proteina TTP potrebbe avere un ruolo fondamentale nella parodontite e nell’osteoporosi. Lo studio è stato condotto su animali di laboratorio ma i risultati non lasciano dubbi. La tristetraprolina, o proteina TTP, agisce come inibitore del processo infiammatorio che è alla base della perdita di osso, sia scheletrico (osteoporosi) che gengivale (parodontite).

Una infezione si genera come reazione fisiologica del sistema immunitario ad un’aggressione, che può essere un attacco di microorganismi o conseguente una lesione.

Questa reazione, che normalmente è benefica perché ci protegge dalle aggressioni esterne, a volte può divenire fuori controllo generando dei problemi. La proteina TTP si è rivelata essere un importante modulatore del sistema immunitario, capace di limitare la sua reazione evitando che si arrivi a processi degenerativi come osteoporosi e parodontite.

Questo spiega perché ci sono individui che, pur avendo una carica batterica orale paragonabile ad altri, risultano più resistenti alle infezioni orali, con tutto quello che ne consegue. La spiegazione potrebbe essere cercata proprio in una differente capacità di espressione della proteina TTP, la cui produzione comunque si riduce con l’avanzare degli anni. Una sua carenza renderebbe l’osso molto più vulnerabile.

La prova sperimentale, per ora solo su animali di laboratorio, è il confronto tra topolini incapaci di produrre TTP – molto vulnerabili alla perdita di osso (20% in meno in 9 mesi) - verso topolini che invece di TTP ne producevano a sufficienza e che mostravano una riduzione del turnover osseo del 13%. Adesso il prossimo step è la sperimentazione clinica, prima di arrivare allo sviluppo di terapie mirate. Inutile aggiungere che i “clienti” non mancano: di piorrea ne soffre più del 50% degli adulti, con percentuali crescenti con l’avanzare dell’età.

E’ l’ora dei prebiotici

Nella nostra bocca coesistono batteri utili e batteri dannosi che convivono in un perenne equilibrio dinamico. Equilibrio che varia per diverse cause quali fumo di sigaretta, alimentazione, farmaci, malattie, infezioni, ecc.

Favorire i batteri buoni è una condizione che porterebbe benefici non solo alla salute della bocca ma all’intero organismo.

Esistono delle sostanze alimentari non digeribili, dette prebiotici, che vanno ad alimentare i probiotici. Quest’ultimi sono batteri normalmente presenti nel nostro organismo (microbiota), che non vengono distrutti dall’ambiente gastrointestinale, non scatenano reazioni immunitarie e favoriscono il corretto funzionamento di attività come la difesa da organismi patogeni e la digestione.

Dei ricercatori belgi, hanno voluto studiare quali sostanze possono essere utili substrati della flora batterica della bocca al fine di favorire la formazione di un biofilm protettivo delle mucosa orale.

Studiando diversi prebiotici, in soluzione per tre trattamenti al giorno, per tre giorni consecutivi, su 14 modelli di batteri orali, e monitorando la formazione di un biofilm (rete di batteri) per 24 ore, sono riusciti ad identificare tre sostanze che davano una risposta positiva in almeno il 95% dei campioni trattati: la N-acetil-D-mannosamina , l’acido succinico e il dipeptide Met-Pro.

La loro efficacia era indipendente dal pH della bocca. Tra tutti, soluzioni di N-acetil-D-mannosamina hanno assicurato la formazione di un biofilm nel 97% dei casi trattati. I risultati sono stati pubblicati il 25 marzo su Journal of Periodontology, primo autore V. Slomka.