La questione cruciale, su cui molti scienziati stanno lavorando, è se questo meccanismo di neurosviluppo continui anche in età adulta. Un recente studio sembra smentire questa possibilità. L’esperimento, che ha coinvolti tre differenti università sparse per il mondo (Cina, Spagna e Stati Uniti), ha indagato la neurogenesi in 59 pazienti di età compresa tra gli stadi fetali e i 77 anni. Gli scienziati hanno riscontrato una sufficiente attività di formazione di neuroni solo nei campioni prenatali e neonatali, "abbiamo esaminato l'ippocampo, aspettandoci di vedere molti neuroni giovani", dice Arturo Alvarez-Buylla, neuroscienziato all'Università della California, "siamo rimasti sorpresi quando non li abbiamo trovati".
Tuttavia rimane ancora vivo lo scetticismo di alcuni specialisti che non vogliono corre troppo e ribaltare le scoperte precedenti, infatti, molti sostengono che i ricercatori potrebbero aver commesso errori o quant’altro.
L’applicazione della neurogenesi
Se la formazione di nuovi neuroni a partire da cellule staminali fosse confermata definitivamente, tale scoperta potrebbe avere importanti riscontri per quanto riguarda la terapia su pazienti affetti da patologie neurocelebrali. Le cellule staminali neuronali, infatti, si comportano esattamente come le cellule staminali di altri tessuti: quindi, in caso di morte di una cellula, sono in gradi di sostituirla andando a crearne una nuova. La scoperta, compiuta da un gruppo di ricercatori dell'Università della North Carolina, potrebbe rivelarsi utile nella cura di malattie che fino ad ora risultano ancora, totalmente o parzialmente, ignote: come l'epilessia, la schizofrenia, la depressione e la malattia di Alzheimer.
Un farmaco che rianima i neuroni
Una ricerca condotta dall’Università di Manchester ha portato alla luce un nuovo farmaco che ridurrebbe le lesioni celebrali causate dall’ictus. Il medicinale, che è utilizzato attualmente come anti-infiammatorio, è stato sottoposto in questa nuova visione soltanto ai roditori, che però hanno risposto positivamente al trattamento.
C’è stata, infatti, una riduzione della morte cellulare delle cellule già esistenti e un incremento nella formazione di nuovi neuroni. I test sugli esseri umani non sono ancora stati compiuti, ma si potrebbe arrivare presto ad un’applicazione medica perché questo tipo di cura potrebbe risultare più efficace di quelle attualmente utilizzate.