Chi ama i dolci accumula meno grassi. Una rivincita per i golosi ma anche un nuovo caposaldo nelle teorie dell’alimentazione che potrebbe costituire una vera e propria rivoluzione per le terapie di cura contro il diabete e l’obesità. E’ questa la sensazionale scoperta alla quale sono giunti i ricercatori dell’Università di Exter, in Gran Bretagna, basata su una ricerca i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Reports.

I golosi accumulano meno grassi: i risultati di una ricerca scientifica

Secondo quanto emerge dalla ricerca degli scienziati inglesi, le persone che amano mangiare cibi dolci sono meno propense all’accumulo di grassi.

Questo grazie al Fattore di crescita 21 dei fibroblasti, conosciuto anche come gene FGF21, la cui variazione sembra essere, allo stesso tempo, responsabile della golosità e della tendenza a non ingrassare. Si tratta di una scoperta in assoluta controtendenza rispetto a quanto comunemente accreditato, non solo dalle teorie scientifiche ma anche da quanto istintivamente è portato a pensare chiunque si accinga ad intraprendere una dieta per perdere peso.

Come spesso accade, però, la scoperta deve comunque essere inserita in un contesto dalle molte sfaccettature che rende la realtà assai più complessa rispetto a quanto si sarebbe portati a credere limitandosi alla lettura dei risultati di questa scoperta.

Alla variazione del gene FGF21, infatti sono attribuiti anche effetti secondari come la tendenza ad una pressione arteriosa leggermente più alta della media e la predisposizione ad accumulare grassi nella zona addominale.

Se è vero, quindi, che viene sfatata l’equazione ‘goloso uguale grasso’, rimane valido il principio per il quale non bisogna eccedere nel consumo di dolci in quanto un’eccessiva assunzione di zuccheri può triplicare il rischio di malattie cardiache oltre che arrecare danni al cervello.

Gli effetti della scoperta sulla cura di diabete e obesità

Lo studio dei ricercatori di Exter, coordinato dal professor Timothy Frayling, si è basato sull’osservazione delle abitudini alimentari di un campione composto da circa 450 mila persone. Una mole di dati sufficientemente vasta da far affermare a Niels Grarup, scienziato dell’Università di Copenaghen che ha collaborato alla ricerca, che si può ritenere che il 20 percento della popolazione europea è portatrice di questa variazione genetica, che potrà ora essere analizzata in modo più approfondito per individuare le connessioni tra dieta e rischio di obesità e diabete.

Le conoscenze acquisite, prosegue Grarup, potranno infatti essere utilizzate nello sviluppo di nuovi farmaci per la cura di queste ad altre malattie commesse alle disfunzioni alimentari.