Una ricerca effettuata presso la Georgia State University dimostra l'impatto positivo che il matrimonio può avere sulla Depressione, abbassando il rischio di rimanere vittime di questo disturbo. Gli effetti benefici, però, sono stati riscontrati solo nelle coppie con un reddito complessivo inferiore ai 45.000 euro annui, mentre per coloro che hanno degli introiti superiori non sono emersi significativi cambiamenti tra soggetti sposati e non.

I campioni analizzati hanno un'età compresa tra i 24 e gli 89 anni, un range piuttosto ampio che comprende individui di diverse generazioni.

Gli esperti ritengono che i risvolti positivi sulla Salute mentale siano legati al mettere in comune le risorse finanziarie e il sostegno sociale (necessità meno presenti nei soggetti benestanti). Dunque, a volte, le necessità possono far emergere non solo delle virtù come l'altruismo nella condivisione delle cose, ma anche un maggior senso di appagamento verso la propria vita.

I soldi fanno la felicità?

Il "sogno americano" è sempre stato uno stile di vita non solo del Paese d'oltreoceano - dove sicuramente è più spiccato - ma anche dei paesi europei e, con la globalizzazione e l'estensione dei mercati a tutto il mondo, sta interessando sempre più nazioni.

Tuttavia, la ricerca condotta in Georgia sembra mettere in discussione, almeno in parte, il pensiero dominante negli anni del capitalismo, che punta ad una produzione e ad un arricchimento materiale sempre maggiore.

Da questi dati, infatti, emerge proprio il contrario: le coppie più "povere" sembrano beneficiare maggiormente del matrimonio.

Altre ricerche, invece, dimostrano che la ricchezza è importante per la felicità solo in minima parte per soddisfare i bisogni basilari, e che nei paesi in cui vi è una correlazione tra benessere e felicità, questa è molto debole.

Uno sguardo al di fuori della coppia

Thérèse Hargot, sessuologa con master alla Sorbona, ritiene che, per la quasi totalità dei casi da lei trattati, i problemi di coppia siano in prima istanza personali, che poi andrebbero a riversarsi sulla relazione.

Nel suo libro "Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)" considera il bisogno di trovare se stessi, la propria identità e la propria libertà nella coppia, anche tramite l'esperienza della solitudine, dove è possibile avere un dialogo interiore che dia la capacità, una volta fidanzati o sposati, di vivere dei momenti di solitudine, pur rimanendo legati al compagno, per restare se stessi insieme all'altro.

Oggi, invece, secondo l'autrice ci si aspetta troppo dalla relazione, nella speranza che essa risolva tutti i problemi, e sarebbe proprio questa una delle ragioni per cui le coppie esplodono. Si tenderebbe ad accollare al rapporto col compagno tutti i tipi di problemi fuggendo da essi, invece di prendere per mano la propria vita facendo fronte a ferite, angosce e fragilità (si può dire la stessa cosa per chi vanta degli stipendi alti?).

Si fondono insieme il "me", il "te" e la "coppia", entità distinte che, secondo la sessuologa, devono restare separate per essere capaci di vivere il desiderio di comunione. Dunque, anche la riflessione interiore può diminuire il rischio di depressione, essendo collegata allo status matrimoniale positivamente.