Nell’ambito sanitario, che include molteplici sfaccettature, non è possibile pensare solo alla logica della condizione di un paziente e al modo più razionale per affrontarla: insomma, oltre al Benessere fisico, bisogna assolutamente tenere conto di quello psicologico ed emotivo del paziente (argomentazione sostenuta dall’esistenza del sistema PNEI, un asse che connette l’aspetto Psicologico di un paziente al suo sistema Nervoso, Endocrino ed Immunitario e ne influenza le attività). Questo è particolarmente vero in episodi come il momento del parto.

Il dramma del parto

Dare alla luce il proprio figlio dovrebbe essere un momento di gioia (seppur stressante dal punto di vista fisico, in modo variabile da donna a donna), ma trattamenti sanitari inadeguati o imposti senza la corretta informazione, abusi sul lavoro e mancanza di sensibilità nei reparti di maternità possono rendere l’esperienza del parto un evento traumatico o addirittura umiliante per la neo-mamma, al punto da spingere molte donne a rifiutare l’idea di una seconda Gravidanza. Di recente è emersa la questione della violenza ostetrica, fenomeno attenzionato dall’OMS e che ha ampia diffusione nei paesi più sviluppati, dove paradossalmente gli accorgimenti sanitari dovrebbero rassicurare di più.

Da uno studio Italiano (condotto da CiaoLapo Onlus, La Goccia Magica e L’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica) è emerso un dato allarmante: 2 donne su 10 si sentirebbero maltrattate durante il parto. Questo progetto di studi nasce come proseguimento della campagna di informazione e sensibilizzazione ‘’#Bastatacere: le madri hanno voce’’ nata nel 2016.

Dall’intervista di un campione di 5 milioni di madri italiane (di età compresa tra i 18 ed i 54 e con almeno 1 figlio tra gli 0 ed i 14 anni) è emerso che il 21% delle intervistate si è sentita vittima di qualche forma di violenza ostetrica: il questionario infatti cercava di analizzare a 360° l’esperienza del parto, indagando sul rapporto medico-paziente e tra quest’ultimo e tutti gli operatori sanitari, l’adeguatezza dell’informazione sulle procedure, il rispetto della dignità personale ed il peso decisionale della volontà della donna.

Cosa si è scoperto: i dati shock

Tra gli eventi percepiti in modo più traumatico si colloca al primo posto l’ episiotomia (o perineotomia), una pratica che consiste nel recidere il pavimento perineale e la parete posteriore del canale vaginale al fine di agevolare il parto naturale e per il controverso potenziale di ridurre l’incontinenza fecale ed urinaria dopo il travaglio. Un tempo considerata di grande aiuto, ad oggi l’OMS la definisce una pratica che può aumentare il rischio di complicazioni. Recenti studi, inoltre, dimostrano che non esistono abbastanza criteri oggettivi per suggerire una episiotomia, la cui scelta d’applicazione quindi ricade solo nelle volontà del medico, che in ogni caso non prescinde dal consenso informato della donna.

In italia la pratica risulta molto diffusa, secondo un gradiente decrescente che va dalle Isole al Nord, al punto che nel 2013 circa 1/3 delle partorienti è stata sottoposta a tale intervento, seppur oltre il 60% ha dichiarato di non aver mai dato il proprio consenso, sentendosi addirittura ‘’tradite’’ dal taglio. Tra le complicazioni più immediate (dolori intensi post-partum) vi sono quelle legate ai disagi posturali, difficoltà nella defecazione e dolore durante i rapporti sessuali. Dal sondaggio emerge che il 27% delle madri denuncia una carenza di sostegno ed informazione e di essere state seguite solo da parte dall’equipe medica, il 19% lamenta una mancanza grave di riservatezza, il 12% di non aver potuto avere vicino a sé un familiare, mentre un 4% asserisce di essere stato trascurato al punto da sentirsi in pericolo di vita.

Risulta quindi evidente una mancanza di sensibilità del personale ospedaliero, unita ad una sempre crescente disinformazione associata a mancanza di comunicazione, abusi di potere decisionale e pressappochismo sanitario.