La dieta chetogenica, anche detta "dieta keto", torna sotto i riflettori dei regimi nutrizionali controversi con una ricerca dell'Università di Harvard. La polemica sulla dieta chetogenica si infiamma sempre di più dopo uno studio condotto dalla dottoressa Kathy McManus, dietologa e direttrice del Dipartimento di Nutrizione presso l'Università americana. Un dipartimento particolarmente attento al benessere femminile grazie alla sua affiliazione al Brigham and Women's Hospital che garantisce una collaborazione importante tra la ricerca universitaria e la realtà delle patologie trattate nella struttura medica.
Che cosa è la dieta chetogenica
La dieta chetogenica fa parte della branca delle "diete low carb" che prevedono l'assunzione di un alto quantitativo di proteine a discapito dell'assunzione di glucidi, ossia di carboidrati. Questi ultimi vengono spesso ridotti in maniera drastica, scendendo sotto la soglia di tollerabilità dell'organismo, ossia sotto i 120 grammi al giorno di glucidi, quantità necessaria all'organismo per assicurare il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale.
La dieta chetogenica, però, ha una differenza sostanziale con le altre diete low carb. A differenza delle classiche diete iperproteiche (e quindi "low carb") come la Atkins, la Dukan, la South Beach o la dieta Paleo, che promuovono una sensibile assunzione di proteine (producendo un eccesso di corpi chetonici), la dieta chetogenica si concentra invece su un'elevatissima assunzione di grassi che possono raggiungere anche il 90% delle calorie previste in un giorno.
Proprio questo particolare la rende una dieta sconsigliabile per un'ampia categoria di persone e soprattutto per gli amanti delle diete fai da te, spesso seguaci di regimi alimentari iperproteiche che promettono una drastica riduzione del peso in un periodo di tempo ristretto. La dieta chetogenica è sconsigliabile, poiché il controllo può facilmente sfuggire di mano e sfociare in una rischiosa assunzione eccessiva di grassi, in mancanza di competenze mediche o di un cura costante e attiva di uno specialista in nutrizione.
La ricerca dell'Università di Harvard
La direttrice del Dipartimento di Nutrizione di Harvard, Kathy McManus, non ha dubbi e, attraverso un articolo pubblicato sul Harvard Health Publishing, fa sapere che "noi non sappiamo se la dieta chetogenica funzioni a lungo termine, né se è sicura". Una netta presa di posizione sulla dieta chetogenica che suona minacciosa.
In ambiente medico, infatti, la mancata conoscenza degli effetti di un farmaco, così come di una cura, significa che quella cura di fatto non può essere utilizzata in maniera sicura, quindi non può essere consigliata al paziente. La dottoressa aggiunge: "La dieta chetogenica è utilizzata principalmente per ridurre la frequenza delle crisi epilettiche nei bambini, e anche se è stata provata per la perdita di peso, solo i risultati a breve termine sono stati studiati e i risultati sono, quindi, stati confusi". E' rischioso, dunque, utilizzare la dieta chetogenica a medio o lungo periodo avverte la dietologa di Harvard.
Come funziona la dieta chetogenica
L'organismo umano necessita di assumere una specifica quantità di energia per il buon funzionamento dell'organismo stesso e di tutte le sue funzioni.
Questa energia viene soddisfatta con l'assunzione di nutrienti che derivano da carboidrati (glucidi, ossia zuccheri), proteine vegetali o animali, grassi. La dieta chetogenica utilizza prevalentemente grassi, riducendo al minimo i carboidrati e assumendo spesso proteine poco nobili. Un regime alimentare basato, quindi, sulla stimolazione alla produzione di corpi chetonici prodotti dal fegato utilizzando il grasso immagazzinato, che porta l'organismo in uno stato di chetosi. Nella dieta keto, l'assunzione di glucidi è ridotta a meno di 20-50 grammi di carboidrati al giorno, pari a circa una banana al giorno al mattino e poi, per il resto della giornata, solo l'assunzione di grassi. Per raggiungere il metabolismo necessario per lo stato di chetosi, quindi, la dieta chetogenica prevede di assumere grassi ad ogni pasto.
Un esempio classico è quello di un regime alimentare di circa 2000 calorie che preveda 165 grammi di grassi, 75 grammi di proteine e solamente 40 grammi di carboidrati.
Grassi buoni e grassi cattivi
I grassi assunti attraverso gli alimenti sono necessari all'organismo per immagazzinare energie e per supportare le funzioni cellulari. I grassi si dividono in grassi saturi e insaturi. I grassi insaturi, ossia quelli in cui chimicamente la molecola presenta un doppio legame C=C, vengono considerati grassi "buoni", mentre quelli insaturi in cui vi sono solo legami singoli C-C, sono i grassi nocivi. Questa differenza nasce dalla loro natura e dei loro effetti sull'organismo umano. I grassi saturi, infatti, tendono ad aumentare i livelli di colesterolo nel sangue e possono, dunque, concorrere nell'aumentato rischio di malattie cardio-vascolari.
Gli acidi grassi insaturi, al contrario, incidono in maniere positiva sul colesterolo e sono valide alternative ai grassi saturi.
La dieta chetogenica ammette nel regime giornaliero alcuni grassi "buoni" insaturi come, per esempio, noci, mandorle, il classico olio d'oliva, il popolare avocado e il tofu. Il problema nasce dal fatto che la dieta keto prediliga, in via prioritaria, i grassi saturi di olio di palma e di cocco, e quelli che si trovano nel burro, burro di cacao e lardo.
Per quanto riguarda le proteine, spesso non vi è distinzione alcuna tra proteine magre, dette "nobili", e proteine ad altissimo contenuto di grassi saturi, come per esempio le carni rosse, la carne di maiale e la pancetta o il lardo.
Al bando anche tutti i carboidrati, tra cui la pasta, la verdura e anche la vitaminosa frutta. Per quanto riguarda quest'ultima, sono concesse solo piccole porzioni di bacche, Per la verdura, invece, ricca in carboidrati anch'essa, si può assumere solo verdura a foglia verde (cavoli, bietole, spinaci). Via libera, invece, a cavoletti di Bruxelles, asparagi, peperoni, cipolle, aglio, funghi, cetrioli e zucchine, sedano, oltre che cavolfiori e broccoli.
I rischi della dieta keto
La McManus, anche questa volta, è lapalissiana nell'affermare che un regime alimentare chetogenico è associato all'aumento del colesterolo LDL, ossia quello chiamato "colesterolo cattivo" (in opposizione al colosterolo HDL, ossia quello buono) che è spesso legato alle patologie cardio-vascolari.
Il consiglio della dietologa inglese, dunque, è quello di mantenere i grassi saturi a non più del 7% delle calorie giornaliere.
La Dottoressa McManus afferma: "Se non stai mangiando una grande varietà di verdure, frutta e cereali, potresti essere a rischio di carenza di micronutrienti, tra cui selenio, magnesio, fosforo e vitamine B e C", quindi una netta carenza di sostanze nutrienti essenziali per l'organismo. Inoltre, uno stato di chetosi protratto nel tempo e con un eccesso di grasso da metabolizzare da parte del fegato che produce corpi chetonici, potrebbe aggravare patologie preesistenti legate a quest'organo, oltre che sovraccaricare anche i reni in maniera anormale.
Da un punto di vista psicofisico, invece, la dieta keto è povera in alimenti fibrosi quali i cereali, per esempio, o i legumi e proprio per questo potrebbe causare stipsi e difficoltà ad evacuare.
Ma non solo. "Il cervello ha bisogno di zuccheri da carboidrati sani per funzionare - dice la dottoressa McManus, che aggiunge - le diete povere di carboidrati possono causare confusione e irritabilità". Che spesso si traduce nel pensiero sfocato e sbalzi d'umore.
Occorre fare attenzione, dunque, prima di adottare un regime alimentare chetogenico: è una dieta in cui il "fai da te" è tassativamente bandito e in cui è richiesto uno stretto controllo medico al fine di valutare, passo dopo passo, l'equilibrio tra rischi e benefici sull'organismo.