Yale School of Medicine e Alabama-Birmingham University hanno appena divulgato i risultati di uno studio iniziato nel 1985 che ha coinvolto oltre 5 mila volontari, bianchi e neri, da quando avevano poco più di 20 anni, mentre ora sono ultracinquantenni. Obiettivo dello studio era valutare l’influenza che la razza e il livello di istruzione potessero avere sull’aspettativa di vita di questi giovani americani. Il risultato è stato inequivocabile: la razza non ha nessun’influenza mentre l’istruzione può far variare l’aspettativa di vita di circa l’8%, a favore dei laureati.
Molti neri sono deceduti a causa di azioni violente mentre molti bianchi a causa dell’AIDS. Ma le cause di decesso dominanti, per tutti, sono le malattie cardiovascolari e il cancro.
Studiare rende più saggi
Trent'anni fa eravamo negli anni '90. L’AIDS era un problema che stava crescendo. Negli Stati Uniti i conflitti interrazziali erano forti: dovevamo attendere ancora 20 anni per vedere Barak Obama alla Casa Bianca. Tra il 1985 e il 1986 due università americane, l’Università di Medicina di Yale e l’Università di Birmingham nell’Alabama, promuovono una ricerca multi-istituzionale per valutare due variabili dell’aspettativa di vita, la razza e l’istruzione.
Selezionano 5.114 individui, sia banchi che neri, di due fasce di età (18–24 e 25–30 anni) residenti in quattro città degli Stati Uniti.
Li seguono per qualche decennio, fino al 2017. Al termine di questo studio, dopo circa 30 anni, 349 di questi individui erano morti. Parliamo di persone ancora in età lavorativa non ancora sessantenni, con figli. Rapportati a 1000, gli uomini neri morti tra il 1985-2017 erano 45,17 e gli uomini bianchi 25,20. Le donne nere decedute erano 17,63 mentre le donne bianche 10,10.
Complessivamente, i neri morti sono stati il 9% del gruppo arruolato per questa indagine. I bianchi il 6%. I neri avevano più probabilità di morire per omicidio. I bianchi per l’AIDS. Ma le cause più comuni, per tutti, sono state malattie cardiovascolari e cancro.
La differenza più significativa è stata registrata in relazione al grado di istruzione.
Circa il 13% dei partecipanti, con un livello di istruzione di scuola superiore (liceale) era morta a fronte di solo il 5% dei laureati. Una bella differenza! E questo era del tutto indipendente dalla razza. I vantaggi derivanti dallo studio erano validi sia per la popolazione bianca (4,3%) che nera (5,9%).
Per spiegare le differenze di mortalità correlata all’età, i ricercatori hanno utilizzato un indice chiamato YPLL (Years of Potential Life Lost) che calcola l’aspettativa di vita prevista sottratta l’età effettiva del decesso. Questa misura non solo determina il numero di morti, ma da un indice su quanto prematuro è stato il decesso.
Per chiarire questo calcolo facciamo un esempio: qualcuno che muore a 25 anni per omicidio accumula più YPLL di qualcuno che muore a 50 anni a causa di malattie cardiovascolari.
Ci sarebbero voluti due decessi all'età di 50 anni per eguagliare l'YPLL da un singolo decesso all'età di 25 anni. Considerando anche altre possibili variabili come il reddito e il livello di istruzione, alla fine i ricercatori hanno stabilito che ogni fase educativa (titolo di studio) fa guadagnare 1,37 anni di vita. Questi risultati sono stati pubblicati il 20 febbraio su American Journal of Public Health, primo autore Brita Roy.
Le cause dietro una riduzione di aspettativa di vita
Lo studio CARDIA (Coronary Artery Risk Development in Young Adults), essendo esteso lungo un arco temporale molto ampio, può fornire dei dati che, magari letti oggi, possono sembrare anacronistici. Il dato di attualità, per gli Stati Uniti, è il calo dell’aspettativa di vita.
Per la prima volta, dopo decenni in cui l’aspettativa di vita media continuava ad aumentare, questa prospettiva segna un declino.
Si stanno analizzando le potenziali cause. Le difficoltà di accesso ad un’assistenza sanitaria universale, un aumento della tossicodipendenza, l’incremento del tasso di disturbi mentali e fattori socioeconomici sono considerati dagli esperti possibili cause della riduzione dell’aspettativa di vita. Anche se è difficile affermarlo con assoluta certezza.
Sarebbe interessante incrociare questo dato con il tasso di scolarità negli Stati Uniti. Magari scopriremmo che i giovani americani iniziano a studiare meno rispetto a quanto hanno fatto i loro genitori e questo potrebbe essere una variabile in accordo con le conclusioni dello studio CARDIA appena pubblicato.