La ricerca è stata pubblicata su Journal of Psychopharmacology. Si tratta di un follow-up a lungo termine, partendo dallo studio originale pubblicato nel 2016, su 29 pazienti oncologici con disagi psichiatrici che avevano preso una monodose di psilocibina in confronto con una monodose di niacina, in combinazione con la psicoterapia. Il 60-80% dei partecipanti che aveva preso la psilocibina, a distanza di anni, ha fatto registrare risposte clinicamente soddisfacenti nel controllo della depressione e dell’ansia.

Nel disagio, una svolta positiva

Il lavoro pubblicato da ricercatori americani su Journal of Psychopharmacology, primo nome Gabrielle I Agin-Liebes, riguarda i risultati di uno studio randomizzato, controllato, su pazienti con tumore, osservati dopo circa 3 anni e 4,5 anni da quanto era stata somministrata loro una singola dose di psilocibina.

I risultati sono stati davvero sorprendenti. È stata sufficiente questa singola somministrazione di allucinogeno, ovviamente sempre accompagnata da psicoterapia, per indurre in questi partecipanti una riduzione, duratura nel tempo, dell’ansia, depressione, disperazione e demoralizzazione.

I riscontri positivi sono stati registrati nell’80% dei partecipanti. Di questi, al follow-up dopo 4,5 anni, il 60% aveva superato i criteri di valutazione clinica, riguardanti depressione e ansia. In questi pazienti la risposta è stata davvero schiacciante: grazie alla psilocibina, dal 71 al 100% valutava positivamente la propria condizione di vita. Definita come una tra le esperienze più positive che avessero mai vissute.

Lo studio originale, in cui erano stati arruolati 29 pazienti oncologici con un quadro depressivo e ansiogeno piuttosto evidente, era stato condotto sempre della NYU Grossman School of Medicine di New York, e pubblicato sulla stessa rivista, nel 2016.

A quel tempo, i ricercatori avevano scoperto che un trattamento una tantum, a singola dose di psilocibina, combinato con la psicoterapia, sembrava essere associato a significativi miglioramenti a livello emotivo ed esistenziale, nei malati di cancro.

E questi effetti, come è stato appena confermato, permangono anche dopo quasi cinque anni dalla somministrazione del farmaco.

Si tratta di un risultato davvero importante se consideriamo che qui parliamo di pazienti oncologici i quali, dopo aver ricevuto una diagnosi di cancro, vanno incontro a una condizione di forte disagio psichico, per arrivare, in molti casi, fino al suicidio.

O, quanto meno, ad un forte desiderio di morte accelerata. Secondo le statistiche, a quasi il 40% della popolazione mondiale, durante la propria vita gli verrà diagnosticato un cancro. In un terzo di questi pazienti si svilupperà ansia, depressione e altre forme di angoscia.

Psilocibina

Formalmente si tratta di un profarmaco. È una triptammina ad azione psichedelica presente in alcuni funghi allucinogeni del genere Psilocybe e Stropharia. Dopo l’ingestione, la psilocibina viene rapidamente defosforilata a dare la forma attiva del farmaco, la psilocina. Ed è proprio questa ad esercitare gli effetti sul sistema nervoso centrale inducendo esperienze psichedeliche, in una condizione lievemente euforizzante.

Le sue proprietà sono note da molti anni. In America latina gli sciamani utilizzavano i funghi contenente psilocibina per preparare bevande rituali. Negli anni ’60 del secolo scorso, questa sostanza venne impiegata come stupefacente. La sua popolarità indusse le autorità di quasi tutti i Paesi, a metterla al bando.

Solo recentemente, la psilocibina è stata rivalutata per scopi terapeutici soprattutto, come abbiamo visto, per il trattamento di particolari patologie psichiatriche (es., ansia e depressione) ma deve essere sempre manipolata solo da personale qualificato. In Italia è vietata da detenzione e la vendita. Dopo questi risultati, non è affatto escluso che nei prossimi anni la psilocibina (o la sua forma attiva) possa trovare un’applicazione in ambito ospedaliero, soprattutto nel trattamento di pazienti oncologici terminali.