In diversi Paesi sono già attivi gruppi di ricerca impegnati nella messa a punto di tecniche per individuare la presenza del virus Covid-19 nelle acque di scarto.
Uno strumento efficace di epidemiologia che potrebbe aiutare a monitorare l'andamento della pandemia grazie alla presenza dell'RNA virale eliminato con le urine e le feci e che, in certe condizioni, può resistere anche per alcuni giorni.
La ricerca olandese pubblicata su medRxiv
Poter disporre di un test di analisi per l'identificazione della presenza di tracce del Sars-CoV-2 nelle acque reflue potrebbe rappresentare un potente strumento epidemiologico per, ad esempio, rilevare in anticipo il diffondersi di una epidemia in territori dove ci sono i primi casi asintomatici o non ancora diagnosticati, oppure monitorare l'andamento dell'epidemia nella fase più acuta, o ancora potrebbe rappresentare una sentinella d'allarme dopo che l'epidemia è apparentemente superata, nel caso insorgessero dei nuovi focolai.
I primi a mettere a punto un test per questo tipo di indagine sono stati i microbiologi olandesi del Kwr Water Research Institute. I risultati sono stati pubblicati su medRxiv, primo autore Gertjan Medema. Attraverso la tecnica RT-PCR (reverse transcription-polymerase chain reaction) hanno notato la presenza di tre frammenti del gene della proteina nucleocapside (N1-3) e un frammento del gene della proteina dell'involucro del Sars-CoV-2 (E), presenti nelle acque reflue di sette città dei paesi Bassi e dell'aeroporto.
L'indagine, iniziata il 6 febbraio e proseguita nelle settimane successive, ha rivelato che inizialmente nelle acque reflue non vi era alcuna traccia del virus, così come nessun caso di Covid-19 era stato ancora segnalato nei Paesi Bassi.
Dopo un mese, già si evidenziava la presenza del frammento N1 in alcuni siti. Con il passare delle settimane, si sono trovate tracce sia del frammento N1 che N3 in quasi tutti i siti dove è stato prelevato un campione di acqua reflua.
Monitoraggio epidemiologico
Questo studio dimostra che è possibile, mediante analisi RT-PCR, monitorare l'andamento della pandemia in un determinato territorio.
Il virus, infatti, viene eliminato anche con le urine e le feci, e può sopravvivere nei liquidi reflui anche per alcuni giorni. Un prelievo dei liquidi di scarto, prima dei trattamenti di bonifica, portato in laboratorio, consente di estrarre l'RNA del virus e di analizzarlo.
Poche settimane fa, una ricerca effettuata da due autori cinesi, K.
Mao e H.Zhang, coadiuvati da Z. Yang, dell'Università di Cranfield, pubblicata su Environmental Science & Technology, descrivevano un test analogo che, mediante un dispositivo di carta, riusciva a filtrare gli acidi nucleici di agenti patogeni dai campioni di acque di scarto.
In seguito, in laboratorio, gli studiosi hanno processato questi campioni al fine di identificare immediatamente la presenza dell'Rna del Sars-CoV-2. Il risultato si può osservare ad "occhio nudo", un cerchio verde (positivo) o un cerchio blu (negativo). Zhugen Yang ha spiegato che il test costa meno di una sterlina e consente di avere un quadro completo dell'andamento della pandemia nella popolazione.
La ricerca è attesa anche in Italia
La ricerca del Coronavirus nelle acque reflue è anche un obiettivo dei ricercatori italiani. Ci sta lavorando un team dell'unità di Biomarkers Ambientali gestita da Ettore Zuccato e guidato da Sara Castiglioni dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con un gruppo di virologi. Il protocollo che vogliono seguire è analogo a quello dei ricercatori olandesi.
Comunque, in Italia siamo ancora nella fase di messa a punto del sistema di monitoraggio. Per ora i ricercatori stanno raccogliendo campioni di fluidi a vari giorni, proprio per osservare il fenomeno quando è nella sua fase più acuta. Continueranno a raccogliere campioni fino alla fase di decrescita. Quando tutti potranno rientrare nei laboratori, verranno effettuate le analisi dei campioni. Quindi, nel nostro Paese, per l'applicazione di questa tecnica bisogna attendere ancora qualche mese.