Un nuovo studio, realizzato dai ricercatori dell’Università Statale di Milano e pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases, dimostrerebbe come il Coronavirus fosse già presente in Italia nel novembre 2019, tre mesi in anticipo sul primo caso ufficiale, quello del “paziente uno” di Codogno, Mattia Maestri, scoperto il 20 febbraio 2020. Infatti il 30 novembre 2019 i genitori hanno accompagnato al pronto soccorso di un ospedale milanese un bimbo di quattro anni che da una decina di giorni presentava tosse, rinite e vomito. Poco dopo il ricovero, sono apparse delle macchie sulla pelle del piccolo, che sembravano quelle tipiche del morbillo.

Il tampone del 5 dicembre, che all’epoca era risultato negativo alla malattia esantematica, è stato conservato e riesaminato mesi dopo, questa volta alla ricerca del Sars-CoV-2, con esito positivo.

Il bimbo di Milano non ha mai fatto viaggi all’estero

Questo bimbo, che potrebbe essere ritenuto il nuovo ‘paziente uno’, non si è mai spostato dalla sua residenza nell’hinterland di Milano prima di ammalarsi: non risulta che né lui né i suoi parenti siano mai stati all’estero. Secondo Gian Vincenzo Zuccotti, preside della Facoltà di Medicina alla Statale di Milano, si tratterebbe di un’infezione contratta nell’ambito locale: forse il piccolo è venuto a contatto con uno di quei casi di “importazione” dalla Cina, quando il virus non era ancora conosciuto.

Lo studio che ha portato a scoprire che il bimbo era stato positivo al coronavirus

Nella ricerca della Statale di Milano sono stati recuperati i campioni di 39 pazienti, di un’età che varia dagli 8 mesi ai 73 anni: si tratta di tutti i casi di malattia esantematica, identificati tra il settembre 2019 e il febbraio del 2020, che però erano risultati negativi al morbillo. Solo per il bimbo di 4 anni la nuove analisi sul tampone hanno dimostrato che il piccolo era positivo al coronavirus. Lo studio dei ricercatori si basa sull’osservazione di come l’infezione da Sars-CoV-2 possa provocare una sindrome simil-Kawasaki e altre manifestazioni cutanee, che ricorrono anche in altre infezioni virali.

Quindi alcuni casi precoci di coronavirus potrebbero essere stati scambiati per altre patologie.

Si pensa dunque che il virus circolasse già da tempo nel Nord Italia: in questo modo si potrebbe giustificare l’improvviso elevato numero di contagiati della prima ondata in alcune zone del Paese. Infatti per Zuccotti “ci siamo trovati in pochi giorni con gli ospedali pieni di malati di Covid-19”, proprio perché il virus circolava già da tempo, senza che nessuno se ne fosse reso conto, per poi manifestarsi in tutta la sua gravità a partire dal febbraio 2020.

Gli effetti del virus sul bimbo

Il bambino di quattro anni ha subito un decorso clinico molto simile a quello che, qualche mese dopo, gli studiosi hanno riscontrato per tutti i piccoli contagiati dal coronavirus. Le lesioni alla pelle sono state notate spesso nei malati di Covid-19 più giovani, comparendo successivamente ai sintomi respiratori.

In particolare l'analisi sul campione del bimbo ha fatto emergere una sequenza di Rna del tutto identica a quella del ceppo di Wuhan, ma anche sequenze di altri ceppi circolanti nel mondo durante le fasi successive della pandemia. Per questo motivo i ricercatori non sono stati in grado di avere la certezza sull’origine del virus che ha contagiato il piccolo. Infine gli autori hanno sottolineato l’importanza dei meccanismi di sorveglianza epidemiologica, come quello per il morbillo: infatti gli studiosi hanno potuto recuperare in laboratorio i campioni, che sono normalmente custoditi per un lungo periodo di tempo. In questo modo è sempre possibile ricostruire la storia naturale di certe infezioni, come questa, anche quando compaiono all’improvviso.