Sulla cura contro l’HIV l’aspirazione attuale della comunità scientifica è quella di ridurre al minimo le somministrazioni di medicinali antiretrovirali e di arrivare a una cura “patient friendly”, cioè una terapia sì a vita, ma che non implichi troppe medicine da assumere (e da ricordare di assumere) quotidianamente. Oltre all’arrivare a un protocollo di due sole medicine al dì, invece che tre, i ricercatori stanno immaginando una terapia nella quale i due farmaci potrebbero essere assunti non in dosi orali quotidiane, ma tramite iniezioni intramuscolo con cadenza mensile o persino bimestrale.

Questi ambiziosi obiettivi sono stati al centro del confronto fra i relatori dell’ottavo workshop hiv-Hepatitis Co-infection & Co-morbidity”, presieduto da Antonio Cascio, direttore del “Centro Regionale di Riferimento AIDS” della città di Palermo, il 4 dicembre.

HIV: quali sono le cure allo stato attuale

Ad oggi, la strada condivisa dai medici che hanno in carico pazienti con carica virale da HIV è la “triplice terapia”, ma si sta aprendo la strada alla “dual therapy”, cioè l’uso di sole due medicine efficaci come il cocktail di tre antiretrovirali; gli studi candidati per verificare la sicurezza, la tollerabilità e soprattutto l’efficacia di una mono-somministrazione giornaliera di due soli medicinali (nello specifico dolutegravir e lamivudine) prendono il nome di “GEMINI 1” e “GEMINI 2”; sono studi che hanno già mostrato i primi risultati e sono precursori degli studi sulla mono-somministrazione mensile.

Come spiega Cascio: "Gli studi (...) sono stati disegnati per dimostrare l’efficacia non inferiore, la sicurezza e la tollerabilità di dolutegravir e lamivudine in mono somministrazione giornaliera, in confronto a quella di dolutegravir e di una dose fissa di combinazione di tenofovir emtricitabina, a 48 settimane, in soggetti con infezione da HIV-1"

Perché una terapia anti HIV a due farmaci è un vantaggio?

La riduzione a due farmaci contro il retrovirus, presi in unica somministrazione, ha il vantaggio di facilitare la corretta regolarità di assunzione in una cura che, si ricorda, per essere efficace necessita costanza e precisione ogni giorno, per tutta la vita.

La continuità e regolarità di assunzione dei farmaci è un aspetto chiave per la salute del paziente, perché solo con un'assunzione rigorosa la carica virale viene abbattuta. Lo ha spiegato il dottor Giovanni Mazzola (direttore della UOC di “Malattie Infettive” dell’ospedale “S. Elia” di Caltanissetta) nel corso del workshop scientifico; Mazzola ha anche sottolineato che in quest’anno di pandemia di Covid-19, l’assistenza continua e periodica per chi ha contratto l’infezione da HIV è stata molto problematica per tanti fattori fra cui la carenza di medici, già impegnati nei reparti Covid, e la riluttanza dei pazienti a presentarsi in ospedale per i controlli, impauriti dalla pandemia.

Come riferisce Mazzola nel workshop "l’assistenza continua e periodica di questi pazienti fragili è messa a dura prova dall’impossibilità di garantire i livelli qualitativi precedenti. È per questo che attendiamo, con grandi aspettative, la vaccinazione anti SARS-CoV-2 per potere riprendere le attività in sicurezza".

Quante infezioni nuove di HIV ci sono in Italia?

Gli ultimi aggregati a disposizione del Ministero della salute riguardano il 2019, anno che conta 2.531 nuove diagnosi di infezione da HIV cioè oltre 4 nuovi casi ogni 100.000 abitanti. La fascia di età 25-29 anni è quella nella quale si riscontra la maggiore incidenza di nuove diagnosi. Se negli anni precedenti la trasmissione era frequente maggiormente fra eterosessuali, nel 2019 è stata maggiormente frequente fra omosessuali di sesso maschile.

Il dato non confortante che si legge nel report del Ministero riguarda il come si arriva alla diagnosi: un terzo degli infettati scopre di essere HIV positivo perché è già arrivato allo stadio dei primi sintomi.

L'appello per non ridurre lo screening sull'HIV durante la Covid-19

Sulla diagnosi e la sua importanza, durante il workshop palermitano, il dottor Pietro Colletti (direttore della UOC di “Malattie Infettive” dell’ospedale “Paolo Borsellino” di Marsala) ha lanciato il suo appello a non abbassare la guardia in questo periodo segnato dal coronavirus, spronando a continuare a fare test di screening; la ricerca tempestiva della presenza di HIV nel sangue permette alle persone sieropositive di iniziare il trattamento farmaceutico subito, e così facendo di azzerare la carica virale e scongiurare sia la malattia che il rischio di contagiare gli altri.