In tempi in cui il cittadino non ha di certo vita facile con fisco una buona notizia arriva dalla magistratura, che in questi mesi sta molto discutendo su una questione legata alle notifiche degli atti impostitivi. In breve ci si è chiesti se il Fisco è libero di notificare un avviso di accertamento come vuole tramite raccomandata o anche via Pec o deve attenersi a delle regole ben precise, per non rischiare di incorrere in qualche vizio di notifica.

La Commissione Tributaria Regionale di Milano con la sentenza numero .sent. n. 3700 del 22.06.2016 ha risposto in modo molto esauriente a tale domanda.

Il principio enunciato dai giudici tributari è stato questo: deve ritenersi illegittima e addirittura inesistente la notifica di atti amministrativi eseguite con la cosiddetta Posta elettronica certificata( PEC). Le motivazioni della sentenza poggiano sul fatto che questa modalità di notifica presuppone che mittente e destinatario siano in possesso di PEC. Ebbene, a detta dei magistrati la legge non prevede che la PA debba notificare i propri atti con PEC, né tantomeno gli avvisi di accertamento dell’Agenzia fiscale. L’unica eccezione riguarda le cartelle di pagamento.

Precedenti autorevoli sempre sulla stessa lunghezza d’onda

Nello specifico inoltre un orientamento maggioritario della magistratura ritiene che anche se una norma prevedesse obbligatoriamente la notifica di atti tramite PEC, il procedimento di notificazione sarebbe sempre viziato.

Il macroscopico difetto consisterebbe infatti nel fatto che insieme all’email viene spedito un file .pdf che non può essere considerato l’originale ma è solo una mera riproduzione meccanica dell’originale. Ne consegue che mentre dovrebbe essere il destinatario contribuente ad avere l’originale, lo stesso resta invece alla P.A.

Tutto ciò in violazione al principio che prevede che al cittadino ha il diritto di ricevere l’originale dell’atto o in subordine una copia sempre autenticata da un pubblico ufficiale.

Accertamenti fiscali: via PEC sono inesistenti

Ecco dunque che di fatto, proprio perché l’invio telematico con PEC si considera come mai ricevuto ci sarebbe la possibilità per il contribuente di impugnare l’avviso di accertamento, chiedendone che venga dichiarato nullo.

Il debitore intanto non deve pagare nulla e non deve nemmeno preoccuparsi che tale vizio di notifica debba considerarsi automaticamente sanato proprio perché la notifica fatta con PEC in tale caso è come se non esistesse.

Non si applica quindi la regola che prevede la sanatoria del vizio automaticamente al momento in cui il destinatario propone ricorso al giudice, trattandosi di un vizio ben più grave della nullità o dell’annullabilità. All’Agenzia delle Entrate non resta quindi che un’ultima possibilità per rinnovare la notifica entro i termini previsti dalla legge e mediante posta raccomandata con ricevuta di ritorno. Per altre info di diritto potete premere il tasto segui.