Il tema della prostituzione in Italia è ancora un tabù. Proprio come le battaglie per la legalizzazione delle droghe leggere anche per la legalizzazione della prostituzione sono state avanzate tante proposte dai molti politici ma tutte naufragate per un motivo o per l'altro. Sarà perché in Italia c'è la residenza del Papa che certe questioni non possono essere affrontate ma tant'è che esistono e prima o poi andranno prese in considerazione.

Il Ctp di Rimini sentenzia il pagamento delle imposte

Per la Commissione tributaria provinciale di Rimini la prostituta deve versare allo Stato le imposte sul reddito.

La decisione è stata presa a seguito di una sentenza, depositata a fine giugno, sul ricorso presentato da una donna con origini austriache a seguito di un accertamento dell'Agenzia delle Entrare sui numerosi e cospicui versamenti in contanti agli sportelli bancari. L'Erario aveva predisposto un'indagine finanziaria sui flussi monetari, e la loro origine, della donna in merito all'anno 2011. La donna già in occasione dei versamenti in banca, nell'Adeguata verifica sull'antiriciclaggio, dichiarò di esercitare il mestiere "più antico del mondo" ovvero la prostituzione.

Come sappiamo nei governi democratici tutto quello che non viene espressamente vietato è consentito. Nonostante nell'opinione pubblica si pensi che la prostituzione sia un reato, essa non lo è.

L'esercizio della prostituzione è legale, ciò che non lo è lo sfruttamento della prostituzione. Pertanto la donna deve pagare le imposte sul reddito, lecitamente accumulato. Il problema più grande nel nostro sistema giuridico è una legge che normi l'esercizio, che ne stabilisca le regole e la sicurezza. Si stima una perdita di alcuni miliardi di euro in termini di gettito fiscale a causa della mancata regolamentazione.

L'Agenzia delle Entrate le ha richiesto il pagamento di IVA, IRPEF e INPS

Durante l'accertamento è stato riscontrato il mancato versamento di IRPEF, IVA e contributi previdenziali per un ammontare di 20.000 €. Il ricorso della donna non ha riguardato l'ammontare della cifra richiesta ma ha contestato proprio l'imponibilità dei ricavi della prostituzione in quanto non esiste una legge che la regolamenti.

il Ctp, però, ha ritenuto legittimo l'operato dell'agenzia fiscale, nelle motivazioni della sentenza si fa anche riferimento alla sentenza n.22413/2016 della Suprema Corte di Cassazione: si stabilisce che le attività di meretricio subiscono le imposte sui redditi e vanno inserite nella categoria "redditi diversi".