L'Italia vive con apprensione l'attesa di conoscere la propria sorte. Da un lato c'è una classe politica attualmente impegnata a trovare degli stratagemmi che consentano di formare un Governo ed eventualmente di delineare strategie in grado di portare il Paese a future elezioni con una nuova legge elettorale.

Dall'altro ci sono i cittadini che aspettano di trovare risposte. C'è un popolo che ha votato con numeri ampi soprattutto chi, sotto diverse bandiere, rappresentava un vento di rinnovamento e che, per il momento, gode di un giudizio sospeso in virtù di una situazione politica che, attualmente, sarebbe complicata per chiunque.

C'è necessità, però, che le cose trovino il percorso giusto nel più breve tempo possibile, poiché c'è il serio rischio che presto i cittadini debbano mettere mano al portafogli.

Iva, l'allarme del Def

Uno degli ultimi atti trasmesso dal Governo Gentiloni ai vertici europei è stato il Documento di Economia e Finanza. Un testo in cui, tra le altre cose, si sottolineava come per restare entro determinati parametri l'Italia avrebbe dovuto trovare diversi miliardi di euro. Risorse che, secondo l'attuale proposta, potrebbero arrivare da un aumento dell'Iva che, entro un paio d'anni, sarebbe destinata a passare dal 22 al 24,2%. Stessa sorte anche per l'Iva ridotta (dal 10 all''11,5%) L'Italia, a quel punto, diventerebbe il paese con l'aliquota di questo tipo più alta in Europa.

Per scongiurare quest'eventualità sarà necessario reperire più di 12 miliardi entro il 2018 e toccherebbe, eventualmente, al prossimo Governo individuare la strategia per evitare di fornire ai cittadini un'altra zavorra per il proprio portafogli. Uno studio della Cgia ha riportato che il peso per le famiglie italiane sarebbe quantificabile in una spesa aggravata sull'imposta di circa 242 euro.

La media esatta su quanto toccherebbe alle famiglie del nord è 284, 234 quelle del centro 199 quelle riferite al Sud.

Aumento Iva: peserà soprattutto la ridotta

Per capire quanto la pressione fiscale sia aumentata nei confronti dei cittadini italiani è sufficiente fare un passo indietro. Nel 1973, infatti, l'Iva era del 12%.

Esattamente dieci punti in meno rispetto al valore attuale. A pesare sulla spesa pro capite sarà la necessità di dover sopportare aumenti anche su prodotti che godevano del beneficio dell'Iva ridotta. L'idea che passi dal 10% all'11,5% su prodotti come i dolciumi, i prodotti della macelleria, il cacao o l'acqua minerale permette di capire quanto, quotidianamente, bisognerà fare i conti con delle piccole spese aggiuntive che se sommate e perpetuate per un anno intero peseranno non poco sul reddito. In tal senso fa particolarmente effetto l'intervento di Paolo Zabeo della Cgia che invita a impegnarsi al massimo per scongiurare l'aumento dell'Iva che sarebbe una tegola per i nuclei familiari meno abbienti e rischierebbe di avere persino funzione recessiva per l'economia del paese. Un'imposta aumentata rischierebbe di far calare i consumi delle famiglie e di conseguenza anche le vendite interne.