Le imprese italiane ma anche i privati cittadini hanno necessità che la pressione fiscale cali e si ridia ossigeno all'economia in generale, in modo da far ripartire lo sviluppo e l'occupazione in modo da innestare un circolo virtuoso che generi ulteriore crescita. Per questo il dibattito sulla flat tax ( che sia in formato normale o ridotta poco importa) è centrale nel dibattito politico - economico odierno. Ecco, quindi, che diversi addetti ai lavori hanno messo mano alla calcolatrice per vedere chi trarrebbe il massimo beneficio da una mini flat tax finanziata con le risorse della pace fiscale.

Quindi, con circa 3,5 miliardi di euro almeno inizialmente.

L'ipotesi di un ridimensionamento

A conti fatti, se la mini flat tax fosse introdotta nella maniera descritta qualche giorno fa anche su queste colonne, cioè con un'unica aliquota fissata al 15% per tutti i redditi da lavoro autonomo fino a 100 mila euro, verrebbero coinvolti circa 1 milione e 400 mila soggetti, tra professionisti, artigiani e piccole e medie imprese. Rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale, soprattutto dalla Lega di Matteo Salvini, si tratterebbe, comunque, di un notevole ridimensionamento della platea dei potenziali beneficiari. Senza contare che, a volerla dire tutta, non servirebbe neanche una riforma generalizzata in quanto il regime forfettario per determinate categorie di professionisti e imprese è già presente nel nostro ordinamento giuridico.

Basterebbe rafforzare e integrare questi strumenti. Anche perché vi potrebbe essere un ulteriore restringimento della platea, se, come sembra, si vuole limitare la riforma ai professionisti e aziende con un fatturato tra i 60 mila e gli 80 mila euro annui. D'altra parte, l'introduzione della mini flat tax presuppone che venga valutato attentamente il rapporto costi/benefici per le varie categorie interessate.

Senza contare i possibili problemi di discriminazione fiscale o sperequazione tra diversi soggetti.

I pro e i contro della possibile riforma

Il problema della sperequazione tra due soggetti con lo stesso reddito, ma appartenenti a categorie differenti, è quello che salta subito agli occhi. Infatti, se a percepire un reddito, diciamo di 60 mila euro annui, è un lavoratore dipendente questo subirà una tassazione differente rispetto al professionista o artigiano o alla piccola impresa che fattura lo stesso importo annuo. Senza contare che si potrebbe verificare la corsa delle aziende a mutare i rapporti di lavoro dipendente, ove possibile, in rapporti di lavoro autonomo. Riproponendo e aggravando, di fatto, il fenomeno delle false partite Iva. In pratica, ci si ritroverebbe con dei soggetti che svolgono un lavoro subordinato ma davanti al Fisco sono lavoratori autonomi.

D'altra parte, occorre menzionare per correttezza anche i possibili effetti benefici della riforma prossima ventura. Innanzitutto, un'emersione di base imponibile che, sopratutto nella parte finale dell'anno, con i regimi forfettari attuali viene a mancare. Di conseguenza, vi sarebbe una proporzionale riduzione dell'evasione fiscale che, in Italia, per quasi il 55% è attribuibile alle partite Iva. Un' aumento della base imponibile e un a riduzione dell'evasione avrebbe, inoltre, come effetto quello di ridurre la pressione fiscale generale, quindi anche sul ceto medio, formato per la maggior parte da lavoratori dipendenti. Altro non trascurabile beneficio, sopratutto per professionisti e imprese, risiede nella semplificazione degli adempimenti fiscali che, ad oggi, senza tema di esagerazione sono centinaia. Il governo, quindi, deve valutare bene questi aspetti. Anche perché, come ha affermato lo stesso Matteo Salvini, la prossima manovra economica è il banco di prova della maggioranza.