Crowdsourcing è il termine con cui faremo i conti nel prossimo futuro a detta di Jeff Howe, giornalista della rivista Wired, che per primo ha avuto l'idea di dare un nome a un processo che, in realtà, esisteva già da tempo. Il crowdsourcing è, infatti, il modello su cui si basano Wikipedia, GNU/Linux e in genere tutti i progetti collaborativi le cui soluzioni possono essere raggiunte da una moltitudine di persone.

Questo nuovo modo di intendere la collaborazione tra le persone potrebbe essere ciò che ci salverà dalla deriva dell'avvento dilettantesco alla produzione di contenuti tanto criticata da due intellettuali del mondo digitale Andrew Keen e Jaron Lanier. E non solo, dal momento che questo nuovo modello di business renderà obsoleti molti concetti che regnano oggi nel mondo dell'impresa.

Infatti, ci si può chiedere cosa avverrà quando milioni di ragazzini cresciuti a pane, collaborazione e social network si troveranno a dover dar vita a nuovi modelli di business: gli odierni adolescenti porteranno la loro esperienza collaborativa nel mondo economico sradicando le nostre concezioni basilari sul tema. Costoro contribuiranno ad accelerare l'obsolescenza di formule standard del mondo aziendale come la gerarchia manageriale e la giornata lavorativa dalle nove di mattina alle cinque del pomeriggio.

Il principio cardine su cui si fonda il crowdsourcing è davvero molto semplice: ognuno di noi ha un'attività amatoriale cui dedica del tempo; a seconda degli interessi individuali si potrebbe tanto passare un pomeriggio ad attaccare figurine su un album, quanto contare le farfalle che svolazzano in un prato. Queste attività amatoriali, per il solo fatto di essere amate, possono essere svolte collaborando con altre persone che amano le stesse identiche cose. Il motore del crowdsourcing è, pertanto, un misto di amore e passione.

Ciò che più appare significativo è il fatto che la maggior parte delle persone esercita la sua attività preferita e gratificante lontano dal posto di lavoro. Il crowdsourcing fa così tesoro del fatto che i nostri interessi sono più variegati di quanto farebbero pensare i nostri biglietti da visita e il nostro attuale lavoro. Non è impossibile trovare un manager affermato che nei fine settimana si trasforma in un patito del fantacalcio tanto da avere messo su un sito di gestione per le leghe fantacalcistiche.

A titolo di esempio valga la storia di Giorgia Sgargetta, abruzzese, il cui lavoro ordinario è quello di responsabile per una fabbrica di pesticidi. Quando ha saputo di InnoCentive (realtà americana in tema di crowdsourcing) non ha aspettato un secondo ad accettare le sfide in cui si riteneva capace e ha rispolverato il suo amore per la ricerca che, nella fabbrica in cui lavora non può più far fruttare. L'intraprendente ricercatrice, nel suo laboratorio casalingo, si diletta nella soluzione di problemi che hanno messo in difficoltà alcuni dei migliori scienziati aziendali del mondo. In due anni ha risolto due sfide che le hanno fruttato 45000 dollari: non male per una ricercatrice che opera da casa sua e a tempo perso.

Una delle caratteristiche peculiari di InnoCentive è la democratizzazione del processo di problem-solving, visto che la società che cerca aiuto non saprà chi sarà il solutore del problema e viceversa: potrebbe anche darsi che una ragazzino delle superiori con un talento innato per la chimica possa trovare una formula per cui alcuni scienziati si sono arrovellati il cervello.

I progetti basati sul crowdsourcing, più che democratici, sono meritocratici: ciò che importa è il prodotto finale, potrà anche darsi che i solutori siano dilettanti in tutti i sensi, ma questo importa davvero poco. Ciò che rende il crowdsourcing così efficace è la diversità insita nella natura umana ed è importante per il buon esito dei progetti che le persone che collaborano non siano nelle condizioni di influenzarsi l'un l'altro.

E se le persone si sopravvalutassro, cosa che sovente può accadere? Sarà sempre la comunità a separare il grano dal loglio in virtù della sua autodisciplina: per di più, la comunità, proprio perché ama ciò che fa, non gradisce assolutamente di essere imbrogliata e se scopre puzza di bruciato abbandonerà sicuramente il progetto.

Insomma, la qualità migliore degli esseri umani è la diversità e nell'era dell'omologazione imperante dei social network questa è davvero un buona cosa proprio perchè solo la diversità e l'eccellenza possono salvarci da un oceano di mediocrità.