Da circa un anno, l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha riconosciuto ufficialmente la dipendenza da videogame come una patologia: circa 240mila giovani italiani trascorrono più di tre ore al giorno davanti allo schermo, con ovvie conseguenze più o meno evidenti nella vita reale. Un'abitudine sempre più diffusa che non risparmia nemmeno i più piccoli, contando videogiocatori anche inferiori ai 6 anni. Che si tratti di Videogiochi o di qualsiasi altra attività sedentaria, queste abitudini tendono in primis a ledere la Salute fisica (risulta che i ragazzini italiani detengano il record di sovrappeso e obesità).

Si contano così migliaia di ragazzi, poco meno di 300.000, quasi totalmente maschi, in un'età compresa tra i 12 anni fino ai 16 anni. Non mancano però i casi tra i 10 e i 12 anni, quel periodo in cui si sviluppa un'identità autonoma e i genitori li controllano di meno.

Videogame: l'importanza del livello PEGI

Questa problematica è sempre più evidente, in quanto si attribuisce davvero poca importanza al livello PEGI, il metodo di classificazione valido su quasi tutto il territorio europeo usato per classificare i videogiochi attraverso cinque categorie di età e otto descrizioni di contenuto. Perchè questo misuratore risulta essere così importante, tanto quanto viene preso in scarsissima considerazione dagli acquirenti?

Un esempio: Fortnite-Battle Royal, il videogioco multiplayer online del momento, è sconsigliato ai minori di 12 anni, essendo stato catalogato come Pegi 12+. Risulta però che la sua utenza registri anche parecchi ragazzini delle scuole primarie, ossia in età anche inferiore agli 11 anni. Consideriamo un altro titolo AAA: GTA, classificato Pegi +18, ma al quale giocano ragazzini di 10-11 anni, con genitori più o meno consapevoli.

Risulta evidente che i contenuti presenti in questi titoli non siano assolutamente adatti al pubblico che abbiamo descritto. Se il PEGI esiste e viene attribuito a qualsiasi gioco, un motivo ci sarà, ma sembra essere puntualmente evitato dalla maggior parte delle persone che acquistano un gioco. Un po' per inerzia, un po' perché si ignora l'esistenza e il significato di questa classificazione, i risultati sono evidenti e se ne pagano le conseguenze.

Lezione di videogiochi: quanta importanza viene attribuita in classe

Se in famiglia, tra gli amici e nel privato questo problema risulta essere troppo poco affrontato e discusso, sono le scuole a farsene carico. Vi sono sempre più istituti scolastici che hanno preso a cuore il tema, per coinvolgere i propri studenti e impartire una corretta educazione. Ad esempio, nella scuola secondaria 'Carlo Poerio' di Napoli si tiene oggi e domani una tavola rotonda alla quale parteciperanno esperti di San Patrignano, psicologi, rappresentanti delle forze dell'ordine, della magistratura e del mondo istituzionale. Tutto questo potrà favorire il confronto tra chi quotidianamente affronta il fenomeno e per individuare anche delle possibili soluzioni di contrasto, basate su collaborazioni tra pubblico e privato.

Non a caso, la lezione avviene nel capoluogo campano, dove pare che il 'gaming disorder', ossia la dipendenza da videogiochi, sia particolarmente diffusa, oltre che legata a fragilità emotiva e psicologica. I videogiochi, in alcuni casi, si pongono così all'inizio di un processo deleterio, conducendo anche all'isolamento sociale, alla privazione del sonno, fino a casi estremi come depressioni unite ad allusioni alla morte o suicidio.

I due incontri a Napoli

A dirlo sono gli psichiatri che hanno paragonato la dipendenza da videogiochi a quella da sostanze stupefacenti, come la cocaina in particolare, promuovendo così una due giorni, oggi 14 e domani 15 maggio, presso l'istituto 'Carlo Poerio': si chiama 'Videogame e dipendenze giovanili.

Dall'urgenza all'emergenza sociale', moderato da Antonio Polito, l'evento legato al tema che sarà seguito il 15 maggio al teatro Mercadante dallo spettacolo 'Ragazzi PerMale' per la campagna di prevenzione 'WeFree', ideata dalla Comunità di San Patrignano. La dirigente Daniela Paparella ha accolto con entusiasmo l'incontro, poiché allo sportello psicologico della scuola si sono rivolti molti genitori, preoccupati dal cambio di umore dei figli, oltre che ben quattro casi di 'hikikomori'. Si tratta di ragazzi che si auto-isolano volontariamente e non vanno più a scuola; dunque quella del Poerio di Napoli risulta un'iniziativa che dovrebbe essere sempre più sponsorizzata e diffusa nelle nostre scuole, a fronte di un problema che sta dilagando e non sottovalutabile.