La cura tradizionale del cosiddetto "occhio pigro" è il bendaggio dell'occhio sano, per poter così forzare, costringere a lavorare quello malato, esprimendoci in parole semplici. Una recente ricerca si basa su un diverso ed anzi opposto approccio.

Quello che viene chiamato "occhio pigro" è, in termini più precisi, l'ambliopia, cioè la mancanza di acutezza visiva, che solitamente si presenta, appunto, in solamente in un uno dei due occhi. Si tratta di un'alterazione della vista che si manifesta dai primi anni di vita. Essa fa sì che un occhio sia meno reattivo dell'altro, metta meno a fuoco e così tenda a muoversi in misura minore. Si finisce così per vedere esclusivamente con l'occhio non affetto da ambliopia e ciò può condurre allo strabismo.

La recente ricerca di cui sopra si basa sull'idea che i due occhi devono imparare a collaborare, esercitandosi a farlo. Ciò è possibile attraverso dei Videogiochi ed in particolare l'ormai classico e celeberrimo Tetris. In tale videogioco bisogna incastrare dei mattoncini di diversi colori e forme realizzando delle righe che così scompaiano, avendo come scopo far durare il gioco il più a lungo possibile, incastrando bene i vari pezzi che man mano cadono.

Dalla ricerca è risultato che il Tetris è un buon allenamento degli occhi in adulti affetti da ambliopia, inducendo l'occhio pigro a collaborare con l'occhio sano. La ricerca è stata pubblicata da un gruppo di ricercatori canadesi, cinesi e neozelandesi su Current Biology. L'ipotesi di partenza era che il bendaggio dell'occhio non fosse la migliore cura ed anzi bisognava indurre al coordinamento tra i due occhi. Si è arrivati alla conferma di tale ipotesi effettuando un esperimento nel quale 18 adulti con l'occhio pigro hanno giocato a Tetris. Metà di essi aveva l'occhio bendato, mentre l'altra metà no. I non bendati, dopo due settimane, hanno avuto miglioramenti notevoli rispetto al gruppo dei bendati, anche per ciò che riguarda l'aspetto della percezione della tridimensionalità. Negli adulti il cervello conserva in certa misura la plasticità che è tipica dell'età infantile. Ciò permette di superare alcune alterazioni della vista attraverso esercizi visivi, come già risultava dagli studi del dottor Bates.