Il culto della Commemorazione dei defunti ha origini antichissime in Italia, secondo gli studiosi, di natura bizantina: nel rito latino esso viene fatto risalire all'anno 998, quando l'abate Odilone di Cluny ne impose la ricorrenza dopo i vespri del Primo Novembre, giorno proclamato da Papa Gregorio II nell'835 in ricordo di tutti i Santi e i Martiri,

Dato il da sempre affacinante legame dell'uomo con il mistero della Morte dei viventi, tale festività nel corso degli anni ha avuto un significato assai forte tra le popolazioni italiane, soprattutto nel Meridione, zona abitata da persone ancorate, spesso in modo indissolubile, al ricordo dei cari defunti.

Secondo la tradizione, nella notte tra Primo e Due Novembre, le anime degli estinti ritornerebbero nel mondo dei vivi, assumendo così un aspetto di gioia e di speranza: i loro parenti in segno di onore si preparano ad accoglierli con pietanze gustose e bicchieri di acqua lasciando la tavola apparecchiata e illuminata con delle candele.

Il simbolo di questa festa è la calza dei morti, una tradizione tutta foggiana che vuole che i bambini abbiano la possibilità di ricevere doni dai defunti: tale usanza consente ai più piccoli di avere un rapporto sereno con la morte, rompendo così la soglia della paura con tale evento. Prima di andare a letto, essi lasciano una calza in un posto ben visibile (caminetto, davanzale, piedi del letto) nella speranza di ritrovarla piena al loro risveglio di fichi secchi, castagne, carrube, noci, mandorle, mele cotogne e altri prodotti dell'alimentazione popolare.

Ma si potevano trovare anche pezzettini di carbone o piccoli sassi nell'ipotesi in cui i bimbi non si fossero comportati bene.

Perché proprio la calza e non un guanto o una sciarpa? Secondo quanto tramandato, due le ipotesi: fu scelta la calza perché rappresentante l'organo più prossimo alla terra, alla sepoltura dei morti; oppure in quanto essa, riempita di frutta, ricorda la cornucopia, simbolo di fortuna e di abbondanza.

Dispiace sottolineare, con amarezza, che ormai in poche, pochissime famiglie ortesi e di Capitanata si continui a diffondere tale tradizione: oggi purtroppo le vecchie calze di lana, fatte per lo più a mano con i ferri, sono sostituite da colorate e accattivanti calze già confezionate e piene di cioccolatini, caramelle e giocattoli che si comprano in bar e supermercati.

Si dirà, viviamo l'era del consumismo sfrenato: ma i più piccoli come potranno capire il vero significato della "calza dei morti" e soprattutto trasmetterlo a loro volta alle generazioni future?