L'ingegnere torinese Carlo Viberti vuole costruire un centro addestramento astronautialle Mauritius.Ilgoverno del Paese africano gli ha appena comunicato con una mail l'accettazione del progetto, dimostrando un inaspettato interesse per i segreti dello spazio e anche una certa attenzione al rilancio del turismo in questa fetta diTerzo continente, che presenta paesaggi suggestivi dalla Namibia fino al Sud Africa.
Il prossimo 23 aprile l'ingegnere, già responsabile tecnologico della Stazione spaziale Mir e dell'ufficio Attività Astronauti dell'Agenzia Spaziale Europea, illustrerà il progetto in un convegno in Africa.
A Torino, invece, è naufragato per le pastoie burocratiche e legali. Quest'iniziativa è nata e si è sviluppata insieme con il giallo ambientato nello spazio, "Spaceland", un thriller in assenza di gravità, frutto di15 anni di fatica, che ha visto la luce grazie a Paola Caramella.
Il protagonista del romanzo, che alla fine va in missione in un'orbita sublunare, lotta contro un complotto di affarismo e corruzione come è successo a Viberti, candidato dall'agenzia spaziale ad essere il primo ingegnere astronauta suborbitale. Per il momento, gli astronauti si sono sempre addestrati in aeronautica dopo il fallimento del centro di addestramento Alenia.
Le Frecce tricolori, simbolo dell'aeronautica militare
Così a Cameri (Novara), si è addestrato il colonnello capo dell’ufficio tecnico aeromobili di Caselle, Carlo Uberti, che si commuove in pubblico, definendo la pattuglia acrobatica, Frecce tricolori, simbolo e patrimonio dell’Italia che ha da poco compiuto centocinquant’anni.
Perché viene spontaneo associare l’Aeronautica militare a questa pattuglia acrobatica. L'emozione è al massimo quando nel video ufficiale si passa dalle vecchie immagini in bianco e nero a quelle a colori, con il relativo fumo di scarico che diventa da bianco a tricolore, con cui le nostre "Tigri tricolori" si sono fatte conoscere in tutto il mondo con la rinascita del volo collettivo acrobatico dopo la Seconda guerra mondiale.
Non più solo una spirale di fumo bianco, ma un immenso tricolore nel cielo.
Il petto di Uberti si apre quando parla del romanticismo delle Frecce Tricolori e del loro legame di affetto con i fedelissimi che li seguono in ogni dove. Questa pattuglia è nata in Italia a Campoformido alla fine del 1929 per intercettare ed evitare i velivoli nemici. Nella Seconda Guerra Mondiale gli aerei combattevano in modo spericolato, ala contro ala, a distanza proibitiva, rappresentando la massima espressione del combattimento aereo e superando le esigenze della caccia nei cieli, quando vinceva la guerra chi aveva la supremazia aerea. E se cambiano le strategie, l’aeronautica rimane fondamentale per le sorti di un conflitto.
Ma il colonnello Uberti, con le lacrime agli occhi, mette le mani avanti: "Siamo i primi a non voler fare la guerra".
Molto meglio è lo spettacolo del volo acrobatico delle Frecce tricolori, che dal 1964 animano i nostri cieli: disciplinatissimi, ma disinvolti, i piloti a schiere di tre si avvicinano ai loro bolidi, salgono, mettono il casco, si intubano e chiudono l'abitacolo, decollano con i loro aeroplani blu e una striatura tricolore sul fianco, raggiungendo subito la velocità di 220 chilometri all'ora per venticinque minuti da brivido. Sono nove, raggiungono la velocità di 650 chilometri all'ora, si dispongono simmetricamente, si incrociano e si allontanano, fanno uscire fumo bianco, poi colorano il cielo anche di rosso e verde.
Uberti si stacca dalla formazione per esibizioni mozzafiato: giravolte a 360 gradi, volteggi in un senso e nell'altro, sfide alla forza di gravita in un uno slancio verticale, discese verso il basso avvitandosi su se stesso. Stupisce come riescano a essere così addestrati e tecnologicamente avanzati con gli scarsi finanziamenti statali, senza avere aerei supersonici, come l'Hyplane,totalmente Made in Italy.