Le loro vite sono uno scappare continuo: da guerre, violazioni, diritti umani non rispettati, dittature, violenze, libertà mancanti e soppresse. Vittime di un sistema che li vuole perennemente in fuga, Ayse, Aya, Alaa, Oyetunde, Baryali e Rahell, però, questa sera, si sono fermati, eccome. Dove? Negli studi di X-Factor, programma musicale di Sky, campione di audience con la sua buona musica e i suoi talenti futuribili.

I profughi e la musica

Vengono da Siria, dall’Afghanistan, dall’Iraq, dal Togo e dalla Turchia e hanno qualcosa in comune, qualcosa di molto più bello della paura di restare nel proprio Paese: la musica.

La amano follemente, e tutti di generi diversi, dall’heavy metal al rap. Hanno tra i 16 e i 31 anni e in questa settimana hanno potuto incontrare i concorrenti del programma, raccontando ognuno la propria storia e facendo quell'unica cosa che serve per abbattere le barriere e l'ignoranza: conoscersi. L'iniziativa è organizzata grazie alla collaborazione tra X-Factor, Sky e l'Unhcr - Alto Commissariatodelle Nazioni Unite per i Rifugiati - l'agenzia impegnata da più di 60 anni per l'assistenza e la protezione di oltre 55 milioni di persone in 123 Paesi del mondo. Lo sbarco di un mondo come quello dei rifugiati, delle loro storie, e della verità delle loro vite raccontate direttamente da chi le sta vivendo, su una rete televisiva come Sky e all'interno di un programma seguito come X-Factor, dona l'opportunità a tutti di conoscere, dalla voce dei protagonisti, una realtà che oggi fa sempre più parte del mondo occidentale.

Conoscere abbatte l'ignoranza. È il caso di dirlo, questa volta, a suon di musica.

La raccolta fondi dell'Unhcr

In questi giorni, proprio l'agenzia delle Nazioni Unite ha lanciato una raccolta fondi per permettere ai rifugiati sparsi per il mondo di affrontare il freddo: è possibile donare andando direttamente sul sito dell'Unhcr, per l'acquisto di coperte, teli di plastica, materiali di isolamento.

Tutto quel che serve alle famiglie, lontane dalle loro case da diversi anni ormai, per resistere alle rigide temperature che l'anno scorso, in alcuni punti del Libano, per esempio, sono scese addirittura a 15 gradi centigradi sotto zero.