Obama annuncia che le centrali a carbone degli Stati Uniti ridurranno le emissioni di anidride carbonica del 32 per cento,rispetto ai livelli del 2005, entro il 2030. Le centrali a carbone costituiscono la maggior fonte d'inquinamento negli Stati Uniti, rilasciando più di un terzo delle emissioni di anidride carbonica di tutto il Paese. Questo gas serra è il principale responsabile del cambiamento climatico, anche se, fino ad oggi, le centrali potevano emettere anidride carbonica senza alcuna limitazione. Il Clean Power Plan annunciato da Obama rappresenta uno storico spartiacque nella lotta al cambiamento climatico: non solo, infatti, punta a ridurre le emissioni nazionali, ma lancia un segnale forte alla comunità internazionale, affermando il ruolo dominante dell'America nel problema globale dell'inquinamento da gas serra.

Un segnale che acquista ancor più risonanza, se si pensa che a dicembre avrà luogo a Parigi un incontro che vedrà le Nazioni Unite impegnate a negoziare un nuovo accordo sul cambiamento climatico.

Clean Power Plan

Il piano imporrà la prima limitazione sulle emissioni di anidride carbonica a livello nazionale. Questo porterà inevitabilmente alla chiusurà di centinaia di centrali a carbone, dando nuovo slancio alle energie alternative, come il solare e l'eolico, ed eventualmente il nucleare di ultima generazione. La verità è che molte centrali a carbone sul suolo americano avrebbero dovuto chiudere diversi anni fa. È noto che la 'vita' di una centrale a carbone si aggira intorno ai 30 anni: dopo quel periodo di tempo occorre smantellarla.

Nel 2014 le centrali a carbone negli Stati Uniti avevano operato per una media di 42 anni, e alcune erano in servizio da più tempo. Questi ammassi di ferraglia risalenti agli anni '50 inquinano di gran lunga più delle centrali moderne. Da oltre vent'anni, inoltre, una larga parte dell'energia americana è stata prodotta grazie alla combustione di gas naturale: le centrali a gas emettono circa la metà dell'anidride carbonica rispetto alle centrali a carbone.

Le torri eoliche non producono invece alcun inquinamento e rappresentano la seconda fonte di energia rinnovabile sfruttata dal Paese. Perché mai gli Stati Uniti continuano a prendere la loro elettricità da centrali antiquate e non più sicure? La domanda è stata finalmente posta ad alta voce. Perlomeno in inglese. Ma sono tante le voci nel mondo arrochite dal carbone.

La Cina è senz'altro al primo posto per la dipendenza da carbone: dopo il miracolo economico che ha portato il Paese ad occupare il podio delle superpotenze, in gran parte raggiunto proprio grazie all'uso di carbone come energia primaria, sono tanti i problemi che affliggono il terzo Paese produttore al mondo: danni alla salute dell'uomo (le malattie cardiorespiratorie dovute all'inquinamento dell'aria provocano più di un milione di morti all'anno), deterioramento degli ecosistemi, pessima qualità dell'aria e crescenti tensioni sociali.

L'Italia non manca di sfoggiare la sua personale 'macchia nera': uno studio condotto da associazioni ambientaliste, tra cui il Wwf, che prende il titolo di 'Dirty 30, come le centrali a carbone europee stanno vanificando la lotta al cambiamento climatico della Ue' e si pone l'obiettivo di classificare le trenta centrali più inquinanti d'Europa, annovera tra queste gli stabilimenti di Brindisi Sud e Torrevaldaliga (Civitavecchia). Secondo gli autori del report gli effetti del carbone sulla salute costerebbero all'anno qualcosa come 43 miliardi di euro.