Non ci sono soltanto Mosul e al-Bab come teatri di guerra in Siria poiché, sul fronte dei governatorati orientali, cioè raqqa e Deir ez-Zor, le Forze Democratiche Siriane (SDF) continuano la loro avanzata, mettendo in sicurezza aree che erano nelle mani dei jihadisti dell’Isis. Almeno 60 villaggi sono stati liberati negli ultimi giorni. Dai dati riportati sull’ultima settimana di guerra, si parla di 172 terroristi uccisi e 8 prigionieri. Inoltre sono state sequestrate armi e munizioni in grande quantità durante l'avanzata verso Raqqa.

Come aggirare le aspettative turche

A supportare il fronte di guerra orientale vi sono l’esercito e l’aviazione americana. L’alto comando statunitense si è recato direttamente sulle prime linee della battaglia per capire come sono organizzate le SDF. Nel frattempo stanno anche intervenendo con rifornimenti di armi ed equipaggiamenti militari per rafforzare il peso militare dei soldati sul campo.

Vi è però un aspetto paradossale della vicenda: le SDF sono un esercito formato prevalentemente da kurdi, presente con la sua più importante sigla militare, YPG. Per non incappare in incidenti diplomatici con la Turchia, che combatte i kurdi sulla linea del proprio confine, l’esercito statunitense ha deciso di consegnare le armi alla componente araba delle SDF.

In questo particolare gioco delle parti, gli americani sono consapevoli che l’organizzazione militare delle SDF è l’unica che può realmente attaccare in modo proficuo i jihadisti dell’Isis. Dato ancora più importante è che, su quel fronte, si concentreranno i maggiori sforzi dei terroristi, visto che il loro capo, Al-Baghdadi, dovrebbe trovarsi proprio in quella zona.

La tensione tra Turchia e Rojava

La situazione di continua tensione tra Erdogan e il popolo kurdo soprattutto in Rojava, l’area a nord della Siria che si estende da est a ovest e che confina con la Turchia, ha dei risvolti che molto probabilmente influenzeranno le sorti del conflitto. La notizia delle ultime ore sulle proteste dei cittadini kurdi di Kobane in merito alla coscrizione obbligatoria di leva per gli uomini dai 18 ai 30 anni, sottolinea una sorta di sfinimento alla guerra da parte di questa città kurda, dapprima invasa e poi liberata dall’Isis.

Le rimostranze sono state avanzate soprattutto da parte di chi, durante il conflitto, ha visto morire i propri cari, e non vuole continuare a perderne altri. Del resto, le autorità del cantone hanno assicurato che la leva obbligatoria non vuol dire necessariamente andare a combattere al fronte. C’è comunque una condizione di incertezza sulle istanze di autonomia dei cantoni del Rojava, che induce all’obbligo del servizio militare, anche quando viene fatto notare da molti cittadini che andare a combattere per liberare Raqqa non significa difendere il proprio territorio. Ma anche qui, secondo le autorità cantonali, contribuire alla liberazione della Siria dall’Isis significa assumere una posizione di rilievo in tutto il contesto della regione.