La Galleria Deodato Arte di Milano presenta da domani 19 ottobre al 26 novembre 2016 una mostra dedicata all'artista spagnolo José Molina e intitolata “Uomini e altri demoni”. La retrospettiva, che si compone di circa quaranta opere, fra dipinti a olio, disegni e sculture, è curata da Chiara Gatti che abbiamo intervistato per saperne di più.
Quando ha cominciato Molina a raccontare l'inconscio?
Le ombre della mente lo hanno sempre affascinato. Sin dalla sua prima ricerca pittorica, Molina ha indagato temi collegati alle pulsioni più profonde dell'uomo, gli aspetti più bui della natura umana.
Non a caso si è dedicato, per un certo periodo, a studi di psicologia transazionale, una sorta di evoluzione della psicoanalisi freudiana, che implica dinamiche cognitive e comportamentali, in relazione anche al dialogo con gli altri. In tutto ciò non si dimentichi il retroterra della sua cultura di origine. Basti l'esempio di un maestro putativo come Goya che, attratto dal fantastico e dal perturbante, ha dato forma bestiale alle tenebre della mente nei suoi mitici Caprichos.
Josè Molina guarda dentro se stesso: quali sono i sogni e i demoni ricorrenti?
Il sonno della ragione che aveva ossessionato Francisco Goya, per Molina è un generatore di demoni sociali. La ragione purtroppo non dorme, ma ci vede benissimo quando riconosce vizi molesti dell'uomo moderno, devianze, fragilità, pulsioni che ne fanno – suo malgrado – una creatura ferina.
Demoni in carne e denti sono allegoria di desideri, brame, volontà di potenza, istinti che distorcono lo spirito, ai limiti (quasi) della civile accettazione. I suoi demoni non appartengono a un altro pianeta. Ma vivono, come dice il titolo di una sua serie famosa, sotto il nostro letto. O, addirittura, dentro di noi.
Quali archetipi primari possiamo rinvenire nelle sue opere?
L'uomo e la donna nei loro caratteri universali, eros e thanatos, nemico ed eroe, morte e rinascita. La lezione junghiana ha impresso un timbro alla sua riflessione e soprattutto alla sua analisi di istinti primordiali tradotti in immagini totemiche e primigenie.
Le sue creazioni vogliono stupire o far riflettere?
Vogliono scuotere le coscienze.
Metterci di fronte a uno specchio che rivela la nostra anima. Quella che è o quella che potrebbe essere. Qualcuno rischia di sentirsi svelato e scappa via. Altri sono messi in guarda proprio dal demone sociale, dall'impulso atavico di dominare gli altri. Viene in mente la prima scena di “Odissea nello spazio” quando l'uomo-scimmia brandisce lo strumento (un osso) per aggredire i suoi simili, per essere vincente nella lotta per l’esistenza. La storia dell'evoluzione della specie ha inizio con questa tragica, violenta, iniqua competizione. Molina ci avverte che, da allora, non è cambiato nulla.