La riforma con decreto legge, poi convertita in legge, delle banche popolari è stata prevalentemente ispirata dalla necessità di preservare le principali banche italiane dalle scalate di banche ed investitori stranieri. L'italianità delle banche non si tocca, insomma, questo deve essere il comune intendimento di governo e Banca d'Italia, generalmente all'unisono quando si tratta di preservare gli interessi del sistema bancario e del ceto politico che spesso lo sostiene e ne viene sostenuto.

Cosa prevede la riforma delle banche popolari

Prima della riforma le banche popolari, tutte costituite in forma di società cooperativa, potevano avere solo soci che non detenessero ciascuno più dell'1% del capitale sociale, esprimendo in assemblea ciascuno un voto, secondo il famoso principio capitario. Questo sistema rendeva difficili le scalate all'interno delle società come la loro contendibilità. Di fatto diventava difficile costituire una maggioranza ed un indirizzo societario prettamente 'capitalista', che si esprime cioè sulla base delle quote di capitale di rischio detenute. Il che ovviamente non impediva 'passaggi di mano' e la creazione di maggioranze e cordate tra i detentori delle quote. La riforma punta a rivoluzionare questo sistema. In pratica le banche popolari con attivi pari o superiori a 8 miliardi di euro (allo stato 11) sono obbligate entro 18 mesi a trasformarsi in Spa. E' stato previsto un tetto provvisorio pari al 5% del capitale sociale in funzione antiscalate, ma la disposizione è temporanea e dovrebbe servire a stimolare le popolari ad aggregarsi tra di loro, come ha tra gli altri consigliato anche il presidente di Consob Vegas. Tutto rimane invariato per le Bcc.

Perché la politica

Molte delle popolari, quotate e non, hanno chiuso con utili e paiono in buone condizioni di salute e serviranno per contribuire al salvataggio del sistema bancario. Per altro le fondazioni bancarie, uscite dalla porta delle principale banche del Paese - come nel caso del Monte dei Paschi di Siena, per esempio - sembrano intenzionate a rientrare dalla finestra proprio con le popolari. Inoltre le stesse hanno approvato un codice che prevede un tetto massimo del 33% per la partecipazione al capitale delle banche. Le fondazioni sono fortemente legate alla politica, attraverso la partecipazione diretta di enti locali ed altre istituzioni, ma non sempre hanno fatto il bene della collettività e delle banche partecipate (vedi Mps e Carige). Il governo dunque riforma le popolari per ritornare a controllare, anche tramite le fondazioni bancarie, le principali banche italiane. Tutto per sottrarle al controllo di colossi stranieri. Il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena sta particolarmente a cuore a Renzi ed al suo partito. Secondo fonti attendibili, tra cui il Financial Times, dopo l'aumento di capitale di giugno, il Monte convolerà a giuste nozze con Ubi Banca.