Prima della riforma era stabilito che le Banche Popolari in forma cooperativa non dovessero avere soci che detenessero più dell' 1% del capitale, con la nuova riforma Matteo Renzi e il suo Pd abolisce questo obbligo e sancisce inoltre che tutte le banche popolari con almeno 8 miliardi di attivo (ovvero i soldi che la banca movimenta e non il patrimonio) devono trasformarsi obbligatoriamente in S.p.A. nel giro di 18 mesi dall'entrata in vigore della norma.
La riforma renziana abolisce inoltre il voto capitario in assemblea, ovvero il principio secondo cui in sede di assemblea ogni azionista (indipendentemente dalle sue quote partecipative) possa esprimersi unicamente e con peso eguale agli altri azionisti.
Resta tutto invariato invece per le Bcc, le Banche di Credito Cooperativo, spesso accostate alle popolari ma ben più contenute nelle dimensioni.
In Italia gli istituti di credito interessati sono solo 10: Veneto Banca, Ubi Banca, Creval, Banco Popolare, Bpm, Banca Etruria, Banca Popolare di Vicenza, Popolare di Bari, Popolare di Sondrio ma che a conti fatti coprono oltre il 90% degli attivi bancari di tutte le banche popolari italiane. L'effetto sperato, secondo i relatori, sarebbe quello di incoraggiare gli investimenti.
Perché è così criticata
È presto detto: secondo Carlo Martelli (senatore del M5S) l'abolizione del voto capitario, che di fatto renderebbe scalabili le banche popolari, e l'obbligo di diventare una S.p.A., esporrebbero ad un concreto rischio di vedere le popolari completamente manovrate dagli azionisti di maggioranza, magari strumentalmente provenienti da un'altra grande banca estera, che potrebbero orientarne le scelte in favore di altri interessi.
La possibilità che le banche popolari di fatto si 'esternalizzino' all'estero causerebbe, sempre secondo Martelli, uno sradicamento dal territorio che creerebbe una carenza di finanziamenti per i cittadini proprio sul territorio. Storicamente infatti le Banche Popolari sono sempre state più propense a fornire crediti nei momenti di crisi a differenza delle banche commerciali (S.p.A.) spesso risultate più restie.
Oltre a questo uno dei rischi a cui ci si espone è quello di una potenziale perdita di lavoro per chi lavora nel settore in quanto se davvero avvenissero delle acquisizioni delle popolari avverrebbe con tutta probabilità anche un'opera di progressiva razionalizzazione delle sedi e delle risorse umane. I 5 stelle hanno cercato di trovare un compromesso per limitare i danni proponendo di optare per determinate modifiche agli Statuti delle popolari, magari alzando un minimo (al 2,5% massimo) il tetto al possesso azionario, oppure limitando la ripetitività delle cariche, come spesso accade agli AD delle banche. Tuttavia la maggioranza non pare avere intenzione di dialogare con le opposizioni su questi punti.