Psicologa clinica e neuropsichiatra infantile, deputata di Alleanza Popolare (Ncd-Udc), Paola Binetti ha dato alle stampe una trentina di volumi. Il penultimo, uscito nel 2013, ha un titolo eloquente: «Quando il gioco non è più un gioco».

Secondo lei, sui casinò a che gioco sta giocando il Governo Renzi, onorevole Binetti?

«Mi piacerebbe scoprirlo. Mentre sembra che si stia scongiurando il rischio che la prossima finanziaria avalli l’apertura di oltre 20mila nuovi punti gioco, scopriamo che, contemporaneamente, potrebbero aprire quattro casinò pensati come delle vere e proprie cittadelle del gioco legale, ma non per questo meno dannose per la salute dei cittadini.

Sembra che il governo possa rivedere le strategie sul gioco d’azzardo, a seconda degli umori del Paese e di ciò che il Parlamento intenda esprimere in dissenso, ma non vuole rinunciare al gettito fiscale che deriva dalle giocate, facendolo perciò lievitare anche attraverso i vecchi e i nuovi casinò. Francamente questo barcamenarsi suscita più di una perplessità.».

Nel merito, perché è contraria all’eventuale apertura di nuove sale?

«Sono contraria alla concentrazione in un unico ambiente di tante possibilità di gioco. Così viene meno l’obiettivo principale che è quello dell’intrattenimento e una sala si trasforma da luogo di dipendenza potenziale a reale. Il casinò induce a giocare di più e molto, ampliando il ventaglio delle opzioni.

Molti avventori pensano di tesaurizzare il gruzzolo che possiedono e invece finiscono per perderlo con conseguenze spesso drammatiche».

Lei ha criticato anche le soluzioni-tampone finalizzate a stroncare il gioco nero, come l’incremento delle sale slot. Come mai?

«Sa perché Via Tiburtina è stata soprannominata la Las Vegas romana?

Lungo quella via si susseguono decine di sale da gioco sempre piene. Statisticamente avranno forse anche un po’ ridotto il giro clandestino, ma poiché forniscono un’offerta eccessiva, generano dipendenza».

La ludopatia è stata definita la pandemia del terzo millennio perché il contagio si diffonde velocemente,soprattutto tra le fasce più fragili della popolazione, casalinghe, pensionati, disoccupati che affidano la soluzione dei loro problemi a un colpo di fortuna. Eppure in Italia sembra non esserci ancora una piena percezione del fenomeno. E’ così?

«Esatto, Governo e Parlamento devono prendere coscienza del fatto che finora non si è agito a tutela dei soggetti affetti fa grave dipendenza dal gioco d’azzardo.

Lo Stato nei loro confronti è cieco sordo e muto».

Lei è pregiudizialmente contro il gioco?

«No, ma al massimo prendo in considerazione la giocata veloce dal tabaccaio o l’acquisto di un Gratta e vinci giusto per provare l’emozione del momento. Una sorta di piccolo investimento sul futuro. Occorrono sobrietà e moderazione, concetti che ripeteremo nel corso di un convegno fissato per il prossimo 9 novembre a Roma. Sarà un pretesto positivo di rilanciare questo argomento».