Il vertice convocato in fretta e furia da Matteo Renzi dimostra quanto sia 'schizofrenico' il comportamento del governo che prima decide di rinviare la riforma della Scuola al prossimo anno, poi, con un improvviso dietrofront, mette prima la retromarcia e poi subito la sesta per arrivare sino in fondo in tempi brevissimi all'approvazione del DDL, anche a costo di chiedere la fiducia al Senato.

Marcello Pacifico ha sottolineato come questa linea d'azione dimostri, una volta di più (se ce ne fosse stato bisogno) che la scuola 'naviga a vista', vivendo alla giornata e 'senza che ci sia dietro un vero progetto'. Non è stata data alcuna risposta a chi, invece, la scuola la vive ogni giorno e che ha continuato, per mesi, a ribadire il proprio NO alla riforma attraverso scioperi, blocco degli scrutini, flash mob ed altre manifestazioni di protesta.

Riforma scuola, assunzioni e chiamata diretta: 'Basterebbe un semplice decreto'

Sarebbe bastata l'approvazione di un semplice decreto legge, sottolinea il presidente dell'Anief, per far passare in ruolo i centomila precari e i vincitori di concorso: non c'era alcun bisogno di ricorrere a 'piani straordinari', perchè oltre ai 50.000 posti circa disponibili per il turn over, ve ne sono almeno altrettanti liberi.

Per Marcello Pacifico non serve scomodare alcun organico funzionale (che in ogni caso risulterebbe comunque utile), nè tanto meno ricorrere all'incostituzionale chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici: basterebbe soltanto effettuare un censimento sui posti liberi, emettere un decreto ed attingere dai fondi già predisposti e stanziati dalla legge di Stabilità 2015. Insomma, basterebbe adottare una procedura basata su norme che già esistono, senza che si ricorra a forme di intimidazione nei confronti dei sindacalisti o dei parlamentari. 
Il presidente dell'Anief conclude affermando che 'insistere su questa riforma della scuola significherebbe pagare un prezzo salatissimo', anche e soprattutto in ragione delle indicazione della condanna subìta dall'Italia dalla Corte Europea di Bruxelles per abuso di precariato.