L'imminente apertura di Starbucks a Milano ha suscitato accese discussioni, con conseguente presa di posizione da parte di Aldo Cazzullo sul "Corriere della Sera": secondo il giornalista, l'approdo della catena internazionale nel capoluogo lombardo costituirebbe un'umiliazione per gli italiani.
Di diverso avviso Domenico Naso che, su "Il Fatto Quotidiano", argomenta come sia, invece, pericoloso alimentare l'indignazione, montando un caso su presupposti inesistenti.
Il motivo della polemica
Per l'editorialista del "Corriere", l'umiliazione consisterebbe nel fatto che il trionfo della catena americana è dovuto all'Italian Sounding, ossia allo sfruttare il "suono" italiano di nomi come espresso e cappuccino per vendere prodotti stranieri.
Quest'osservazione risulta piuttosto imprecisa e superficiale, poiché il successo della catena non è basato su una millantata italianità, bensì su una declinazione dei prodotti di carattere tipicamente americano (caffè lungo con vari gusti aggiuntivi, locale open con wifi free, etc.).
Questo punto è ben evidenziato da "Il Fatto Quotidiano", che rimarca la differenza tra i vari "Parmesan" o altri prodotti che richiamano in modo ingannevole i classici della tradizione italiana. Gli altri elementi della critica del "Corriere della Sera" riguardano la concorrenza ai produttori italiani di caffè come Illy e Lavazza, e l'eventualità che i nuovi posti di lavoro creati possano essere occupati da immigrati.
Una posizione anacronistica
In un Paese che da decenni non riesce a trovare una strada per tornare a crescere, con livelli di disoccupazione elevati come quelli italiani, la notizia di un'impresa multinazionale che investirà milioni in Italia e creerà centinaia di posti di lavoro, dovrebbe essere salutata in modo positivo.
Il fatto che il primo quotidiano del paese riesca a produrre una visione tanto anacronistica e incapace di comprendere le tendenze del mondo contemporaneo è un forte segnale di inadeguatezza delle élite culturali del nostro paese, che vive ancora nel ricordo dei tempi andati in cui, con il fascino italiano, si poteva conquistare il mondo anche con una "tazzulella e cafè".