Le dichiarazioni soddisfatte del governo italiano e delle istituzioni europee in seguito al vertice dei leader dei 28 paesi che si è svolto a La Valletta, in merito ai respingimenti dei barconi che partono dalle coste libiche, elemento fondante del memorandum firmato da Gentiloni e al-Sarraj, hanno destato lo sconcerto e le proteste delle Ong che in quel pezzo di Mediterraneo danno il loro supporto. Le questioni sollevate sono diverse ma alla base vi è la considerazione che in libia i migranti subiscono le più turpi violazioni dei diritti umani, all'interno dei centri di detenzione, mentre l'unico intervento sicuro sarebbe l'apertura dei corridoi umanitari.

Le proteste di Medici Senza frontiere

"Una giornata di svolta che autorizza speranza per il futuro della Libia". Sono queste le parole del premier italiano, a ridosso della firma con il suo epigono libico. Dal sito di Medici Senza Frontiere riportiamo le parole di risposta di Tommaso Fabbri, capo missione in Italia: "Con la Dichiarazione di Malta sul Mediterraneo Centrale, il Consiglio Europeo conferma di non avere alcuna considerazione delle drammatiche condizioni di pericolo che si vivono all’interno della Libia e, in modo specifico, dello stato disumano in cui versano i centri di detenzione dove vengono trattenute le persone in fuga". Il memorandum battezzato dal Consiglio Europeo di Malta prevede il respingimento da parte della Guardia costiera libica verso le proprie coste.

A ciò si aggiungano gli aiuti economici alle comunità costiere e del sud per supportare il contenimento del fenomeno migratorio.

L'agenzia per i rifugiati

Dall'Ansa riportiamo una dichiarazione di Federica Mogherini a proposito dell'accordo: "si inquadra perfettamente nelle politiche europee costruite in questi mesi con la Libia, sia sul salvataggio di vite in mare e sul lavoro nei centri all'interno della Libia attraverso una presenza maggiore dello Unhcr e dell'Oim, sia attraverso un lavoro di controllo delle frontiere sud della Libia più consistente".

Dal sito dell'UNHCR, l'agenzia dei rifugiati delle Nazioni Unite, leggiamo una dichiarazione congiunta con l'OIM, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni: "Siamo fermamente convinti che, data la situazione attuale, non si possa considerare la Libia un Paese terzo sicuro né si possano avviare procedure extraterritoriali per l’esame delle domande di asilo in Nord Africa".

Un territorio incontrollabile

La stessa ONU si pone in una posizione di incertezza, visto che il trattato stabilisce un piano parlando genericamente di migranti, senza specificare il tema rifugiati. Perché chi affronta le acque del Mediterraneo per sfuggire a spietate dittature o guerre, una volta rispedito in Libia, che fine farà? Le condizioni di cui parlano le due organizzazioni internazionali sono quelle relative proprio al territorio libico. Una parte di Tripoli e della Tripolitania, sono controllate dal governo provvisorio, e forse neanche quelle, come ha dimostrato l'attentato sventato all'ambasciata italiana, per non parlare dei violenti scontri a fuoco di qualche giorno fa fra Tripoli e Zawiya.

Infatti la Cirenaica è sotto il comando del governo ribelle del generale Haftar. Mentre in altre parti come nel sud il generale combatte, nel contesto di una costellazione infinita di milizie, i centri di detenzione dove i rifugiati vengono massacrati, uccisi, stuprati sono sia nella zona controllata da al-Sarraj che in quella sotto l'egida di Haftar.