Con il post ‘Libertà in Rete: come reagire all'aggressione di Google’, pubblicato oggi, 4 febbraio, sul blog di Beppe Grillo, la parlamentare europea Isabella Adinolfi denuncia l’attacco portato dal colosso di Mountain View contro la libertà di espressione, con la scusa di combattere le fake news. La delegata grillina a Bruxelles annuncia anche l’invio di una interrogazione alla Commissione europea. La goccia che ha fatto traboccare il vaso delle proteste M5S è stato un post dal titolo ‘Come abbiamo combattuto annunci cattivi, siti e truffatori nel 2016’, pubblicato sul blog di Google il 25 gennaio scorso da Scott Spencer, direttore del product managment dell’azienda della Silicon Valley.
Spencer illustra la sua crociata contro gli “annunci cattivi” e annuncia tutte le misure prese per individuare e bannare contenuti ritenuti ingannevoli o falsi. La lista di proscrizione dei 340 siti lasciati a secco di pubblicità non è ancora stata diramata, ma il sospetto del M5S è che il tradizionale sistema politico-mediatico, in crisi irreversibile, stia tentando di ricorrere alla censura per salvarsi.
Spiega la Adinolfi che le motivazioni addotte da Google sono “semplici ed inquietanti”, perché si sta tentando di mettere la museruola a centinaia di siti ritenuti presunti diffusori di “fake news”. La grillina considera di una “violenza inaudita” la decisione presa da un soggetto privato che al momento si ritrova nella comoda posizione di “monopolista non sindacabile”.
La parlamentare europea si schiera senza dubbio con la piena libertà di informazione, anche se non si è d’accordo con ciò che scrive un blog o un sito, e punta il dito contro il “tramonto inesorabile” dei media tradizionali (tv, giornali) i quali “non riescono più ad influenzare l'opinione pubblica come un tempo”.
Per questo, continua la Adinolfi, sarebbe in atto già da tempo, prima dell’elezione di Trump alla Casa Bianca, un tentativo di censura nei confronti della rete, luogo virtuale dove i cittadini possono informarsi liberamente.
Libertà di internet che viene considerata “l’infrastruttura portante del futuro”. Condannato senza appello, quindi, il “regime di monopolio” con cui Google può bloccare, cancellare o eliminare qualsiasi fonte sia considerata non gradita. La guerra dei media di Regime contro le cosiddette fake news sarebbe cominciata proprio negli Usa con le inchieste ‘pilotate’ del Washington Post, impegnato a scovare gli hacker russi che avrebbero favorito la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton.
Attivismo che avrebbe portato persino all’approvazione, da parte del parlamento americano, di una legge (Bill HR 6393). Presto sarà creato anche un database che unirà YouTube, Facebook, Twitter e Microsoft nella lotta alle presunte bufale. Sistema che dovrebbe essere finanziato da multimiliardari come George Soros, Bill Gates e Pierre Omidyar (fondatore di Ebay).