Inevitabilmente, tutti dobbiamo fare i conti col passare degli anni: il nostro corpo, i nostri organi invecchiano, come il cervello, o il sangue. E più il nostro sangue invecchia, maggiori sono i danni alle funzioni cerebrali come la neuro genesi (il processo che porta alla formazione di nuove cellule neurali) o all'ippocampo, sede dell'apprendimento e della memoria. Questo sembra essere un processo irreversibile, ma non per Hanadie Yousef, ricercatrice della Stanford University, California, che la pensa diversamente: infatti, pare abbia individuato un elisir di giovinezza sotto forma di anticorpo monoclonale ( linee cellulari provenienti da un solo tipo di cellula immunitaria) in grado di inattivare il gene preposto alla produzione di una proteina, la Vascular Cell Adhesion Molecule 1 (VCAM1), presente in soluzione nel nostro sangue e il cui aumento influisce sul deterioramento del cervello.
L'importanza cruciale del sangue umano
Quando invecchiamo tutte le funzioni cognitive diminuiscono, la neuro genesi progressivamente scompare e in generale aumenta l'infiammazione cerebrale. Il ruolo del sangue in questo processo è stato scoperto unendo due topi, uno giovane e uno anziano e condividendo la loro circolazione sanguigna: nel topo anziano si è notato subito un "ringiovanimento" degli organi e una maggiore protezione verso i disturbi dell'età, mentre il giovane invecchiava prematuramente. L'idea di Yousef era di trovare quale fosse l'agente responsabile e come attraversasse la barriera ematoencefalica. Maggiore indiziato è risultata essere una proteina solubile nel plasma, VCAM1 appunto; Yousef ha scoperto che il livello di questa molecola aumenta con l'età: in una persona di oltre 65 anni è infatti il 30% più alto di un venticinquenne.
Per verificare l'effetto "invecchiante" ha perciò iniettato il plasma del topo anziano, con alte concentrazioni della proteina, nel topo giovane, osservando presto i sintomi di un precoce invecchiamento cerebrale, in termini di maggiore infiammazione e diminuzione della neuro genesi. Questo processo avviene anche utilizzando il plasma sanguigno di una persona di 60 anni e iniettandolo in un topo di tre mesi ( l'equivalente di 20 anni umani).
Disattivando la produzione della proteina con la somministrazione dell'anticorpo, prima o contemporaneamente all'iniezione del plasma invecchiato, il giovane topo risulta protetto dagli effetti dannosi di quest'ultimo, mostra una diminuzione dell'infiammazione e la formazione di nuove cellule nervose.
Alcuni team hanno iniziato dei trials clinici con sangue di volontari su persone anziane, cautela e sperimentazione sono però d'obbligo e la stessa Yousef afferma che le trasfusioni non sono sufficienti ma è principalmente necessario neutralizzare gli effetti negativi legati alla concentrazione di VCAM1, ma le potenziali ripercussioni di una simile scoperta sono importantissime: un farmaco potrebbe mantenerci mentalmente attivi e forse preservarci dalle malattie degenerative che impediscono, in età avanzata e non solo, una dignitosa vita sociale.
I passi da gigante che la medicina sta compiendo ci portano a sperare in una vecchiaia più serena e partecipativa e forse il sogno di una eterna giovinezza non è così lontano. Una domanda è però lecita: per quanti?