Si tratta, molto probabilmente, di una delle proteine più studiate al mondo, dato il suo legame con l'Alzheimer una delle malattie degenerative più complesse e dalle conseguenze devastanti. Stiamo parlando della proteina Tau. Il suo ruolo, all'interno della fisiologia cerebrale, è quello di stabilizzare i microtubuli, strutture intracellulari che servono al trasporto delle sostanze nutritizie intracellulari.
Se la proteina Tau, comunque, subisce una mutazione, in gergo tecnico si dice che viene iperfosforilata, dà origine a gravi malattie neurodegenerative di cui la più conosciuta è proprio il morbo di Alzheimer.
Ora un gruppo di ricercatori del Laboratorio molecolare della prestigiosa Università di Cambridge ha fatto una scoperta eccezionale. Sono riusciti a fotografare la struttura della proteina Tau mutata e i filamenti che genera.
Come si è giunti all'eccezionale scoperta
Gli studiosi britannici hanno utilizzato una particolare tecnica fotografica, chiamata Crio - Microscopia Elettronica. In pratica prima hanno identificato la proteina Tau mutata. Poi hanno estratto, dal cervello di una paziente che, da viva, ha sofferto di Alzheimer per una decina d'anni, i grovigli di filamenti, congelandoli. E, infine, ne hanno osservato la struttura al microscopio.
Sono state scattate più di 2000 foto dei filamenti.
Cosa che non solo ha permesso di esaminare nel dettaglio la struttura dei grovigli filamentosi generati dalla mutazione della proteina, ma ha anche consentito agli studiosi di identificare i 73 amminoacidi costituenti la stessa. È stato osservato, quindi, che ogni filamento principale è costituito da 2 filamenti più piccoli, chiamati protofilamenti.
Inoltre, si è visto che assumono una particolare forma a C se osservati trasversalmente.
Ma, forse, l'aspetto più interessante che i ricercatori di Cambridge hanno scoperto è la presenza sulla superficie esterna dei filamenti di particolari addensamenti, che hanno la caratteristica di respingere le molecole d'acqua. Questo potrebbe spiegare come mai i grovigli filamentosi resistono ai tentativi del nostro organismo di dissolverli.
Le prospettive aperte da questa scoperta
Sono state inoltre identificate dagli studiosi delle particolari strutture a elica, che sono una caratteristica esclusiva del morbo di Alzheimer e che, secondo quanto riferisce il Dottor Bernardino Ghetti, coautore dello studio intervistato da Repubblica, potrebbero essere utilizzati come biomarcatori della malattia.
Sempre secondo il Dottor Ghetti, questa scoperta apre le porte a tutta una serie di studi, che non riguardano solo la terapia farmacologica della malattia di Alzheimer, ma, data la precisione della capacità descrittiva della nuova tecnica, consente di ampliarne l'utilizzo anche in riferimento ad altre malattie neuro-degenerative. Ghetti pensa, ad esempio, alla demenza frontotemporale, anch'essa causata da una mutazione della proteina Tau. In pratica, ora è possibile discriminare le varie forme di taupatie e predisporre delle cure specifiche. Un risultato mai raggiunto prima.