La conferma arriva da una vasta indagine, su circa 20mila individui americani, età media 75 anni, condotta nel decennio 2000-2010. La ricerca ha evidenziato come i soggetti in possesso di uno o più titoli accademici raggiungevano e superavano gli 80 anni mantenendo una buona capacità cognitiva, a differenza di chi si era fermato ai primi cicli scolastici. Quest’ultimi mantenevano le stesse capacità mentali ma fino a 70 anni. Come dire, se una laurea non sempre aiuta a trovare lavoro sicuramente può aiutare ad invecchiare meglio!

Pubblicato su Journals of Gerontology

Si moltiplicano gli studi per indagare le condizioni di invecchiamento. Recentemente, sulla rivista J. of Gerontology, sono stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta da ricercatori della University of Southern California, prima autore Eileen M Crimmins, dove si è indagato sulla relazione tra declino cognitivo degli anziani e titoli di studio che questi avevano conseguiti nella loro vita. I risultati non lasciano dubbi. Vediamo i dettagli.

Nel 2000 i ricercatori avevano selezionato un campione di 10.374 cittadini americani ultra-65enni, età media 75 anni. Dopo 10 anni, nel 2010, hanno ripetuto l’indagine su altri 9995 cittadini, stessi territori, stessa età.

In entrambi i casi i cittadini selezionati sono stati suddivisi in 4 categorie in base al loro titolo di studio: a) elementare, b) media inferiore, c) maturità, d) laureati.

I risultati di questo studio hanno evidenziato che in un decennio l’aspettativa di vita senza demenza è aumentata per tutta la popolazione. Ma la stessa è stata più evidente per le persone maggiormente istruite.

In estrema sintesi, con tutte le approssimazioni del caso, quello che è emerso da questo studio è una relazione positiva tra gli anni passati sui libri a studiare e la capacità cognitiva nella terza/quarta età. Infatti, i cittadini che non avevano completato la scuola superiore, quindi non avevano raggiunto l’esame di maturità, riuscivano a mantenere una condizione di lucidità mentale fino a 70 anni.

Dopo aveva un rapido declino.

Coloro invece che avevano conseguito una o più lauree, riuscivano ad arrivare e a superare gli 80 anni mantenendo una buona capacità cognitiva. In generale quindi, maggiore è il livello di istruzione più tardi si manifesta il decadimento cognitivo – ovvero perdita di memoria, capacità di apprendimento, livelli di attenzione, proprietà del linguaggio.

L’istruzione è solo un indicatore

La popolazione anziana continua a crescere, sia in termini assoluti (aumento della vita media della popolazione) che in termini relativi (calo delle natalità). In questo scenario stanno aumentando gli studi su questa fascia di popolazione. Lo studio californiano comunque non tiene conto della componente sociale ovvero l’insieme di quei fattori che portano alcuni cittadini a raggiungere livelli di istruzione più elevati rispetto ad altri che si fermano prima.

E, ancora più importante, cosa questo comporta in termini di qualità di vita vissuta.

Sempre in questi giorni, è stato pubblicato su Scientific Reports un altro studio condotto da ricercatori dell’Università di Birmingham, nel Regno Unito, e coordinato da Katrien Segaert. In questo caso l’indagine puntava a valutare la relazione tra capacità del linguaggio ed esercizio fisico. Si è trattato di un piccolo studio su 28 volontari tra i 60 e i 70 anni.

Tramite lo svolgimento di alcuni esercizi al computer, sul significato di 20 parole di uso comune e 20 parole poco conosciute, in confronto ad un gruppo di giovani, di 20 anni, è emerso che gli anziani facevano più fatica a ricordare il significato delle parole, soprattutto se poco conosciute, ma gli anziani che facevano un’attività fisica con la cyclette, nell’esercizio avevano una performance superiore.

In estrema sintesi, il livello di istruzione può aiutare sicuramente a ritardare la fase del decadimento cognitivo ma è altresì vero che il “modus vivendi” in generale – ovvero interessi, attività fisica, prevenzione, alimentazione, insomma quello che si definisce “un corretto stile di vita” - è quello che può determinare una buona o cattiva vecchiaia. In particolare, mantenere più a lungo una maggiore lucidità mentale e ritardare quella condizione che va sotto il nome generico di demenza senile.