Con l'arrivo della stagione calda verrebbe voglia di gite fuori porte, qualche giorno al mare o in montagna. E il comodo servizio che Telepass offre si dimostra a tutti gli effetti uno strumento utile e che inoltre ci aiuta a risparmiare tempo prezioso ai caselli autostradali. Tutto bello e pronto, tempo permettendo. Si diceva una volta. Ora, per chi ritiene di avere qualche scheletro nell'armadio, le cose sono cambiate un tantino in peggio. E non solo per una questione climatica, ma anche fiscale. E già, secondo una sentenza della Corte di Cassazione, quel comodo e inoffensivo strumento chiamato Telepass potrebbe essere utilizzato dal Fisco italiano in sede di accertamenti.

Certo, il gestore autostradale non comunica direttamente con l'Agenzia delle Entrate, ma potrebbe risalire ai dati del proprietario del veicolo qualora un accertamento fiscale lo richiedesse.

Una sorta di autodenuncia

Quando si stipula un contratto per usufruire delle comodità del Telepass, il canone annuale e tutti i pedaggi autostradali vengo addebitati direttamente sul conto bancario del contraente. E di conseguenza altamente rintracciabili sia per l'emissione della relativa fattura che per l'inequivocabile operazione bancaria. Questo potrebbe diventare un grosso problema qualora il titolare dichiarasse redditi bassi ma a sua volta si trovasse continuamente in viaggio. La logica, e anche il Fisco, si potrebbero chiedere come sia possibile intraprendere così tanti viaggi di lavoro o per piacere se il contribuente in questione guadagna così poco.

La sentenza della Cassazione

Dunque, se un potenziale accertamento fiscale potrebbe scaturire in seguito all'incongruenza tra quanto dichiarato e quanto speso, lo si deve al famigerato Redditometro. In effetti, uno degli indici maggiormente utilizzati sarebbero proprio quegli innocenti pagamenti alle agenzie turistiche. E dal 19 aprile 2017, secondo quanto espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza numero 9825, anche i troppi passaggi sotto il Telepass possono essere utilizzati per eventuali accertamenti fiscali.

Difatti, il conto corrente personale non è invisibile, e non potrà mai essere nascosto all'Agenzia delle Entrate. Tornando alla sentenza n. 9825 della Cassazione, gli ermellini hanno respinto in via definitiva, tutta una serie di appelli contabili esposti da un imprenditore, tenendo conto anche dei numerosi pedaggi autostradali addebitati al contribuente. Spese, che secondo la Corte, denota un netto contrasto con il reddito dichiarato nel periodo soggetto ad accertamento fiscale.