C’è stato un blitz, il 7 luglio, in una sede della Siemens Italia a Milano da parte di Greenpeace, per chiedere alla multinazionale di dissociarsi dal progetto di costruzione di una diga idroelettrica in Amazzonia. Una protesta alquanto singolare quella degli attivisti, che si sono arrampicati sul tetto dell’edificio vestiti da alberi e animali della foresta, per dare voce ad un regno naturale aggredito da loschi interessi che rischiano di mettere in pericolo la vita sul pianeta.

Per rendere meglio l’idea, altri manifestanti hanno cominciato a suonare strumenti a percussione per riprodurre suoni e rumori di un habitat naturale che non può essere distrutto in nome di interessi economici.

Gli indigeniMunduruku si stanno battendo strenuamente per impedire la costruzione di quaranta dighe che dovrebbero sorgere sul fiume Tapajos, e in particolare per fermare i lavori di una mega diga di Sao Luiz di Tapajos che comporterebbe, oltre all’abbattimento degli alberi, anche quello dei villaggi circostanti.

Il popolo Munduruku dice "No" alla costruzione della diga

All’incirca un mese fa, alcuni rappresentanti del popolo Munduruku hanno chiesto di incontrare in Europa e negli Stati Uniti le aziende coinvolte in questo distruttivo progetto, che mette a rischio la loro stessa sopravvivenza. Le società interessate sono l’austriaca Andritz, la tedesca Siemens e la statunitense General Electric.

Tre grosse multinazionali che hanno partecipato a mastodontici progetti idroelettrici, come la diga di Belo Monte nello stato del Parà, in Brasile, costruita grazie all’assenso del Governo brasiliano senza consultare le comunità indigene, violando non solo la Costituzione, ma anche la Convenzione 169 dell’Organizzazione nazionale del lavoro e della Dichiarazione dei Diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite, controfirmata dallo stesso Paese sudamericano.

Tali progetti, come sottolineato dai rappresentanti Munduruku e dalle associazioni ambientaliste come Amazon Watch, servono a deviare i corsi dei fiumi per produrre energia tale da soddisfare il fabbisogno energetico del Brasile solo nei periodi di piena del fiume Xingu, ossia nel periodo delle piogge che dura da febbraio a maggio.

Vale la pena devastare le comunità locali e inquinare i corsi d'acqua, alterando la biodiversità dell’ecosistema?

In azione Greenpeace contro le multinazionali elettriche

Ecco spiegato il motivo dell’intervento di Greenpeace Italia, che lo scorso maggio aveva chiesto alla Siemens, tramite lettera, di dissociarsi dal progetto come peraltro ha già fatto Enel. Non avendo ad oggi alcun riscontro, gli attivisti sono scesi in campo con una protesta per sensibilizzare dirigenti e dipendenti. Secondo l'organizzazione ambientalisticaè necessario prendere le distanze da simili progetti,in quanto c’è in ballo la sopravvivenza della foresta amazzonica.

È diventata una priorità per tutti quella di proteggere le foreste invece di disboscarle, in quanto attualmente ci sono fonti di energia alternativa come quella solare, capaci di porre un limite all’inquinamento per permettere la tutela delle specie, compresa quella umana. Distruggere l’Amazzonia significa spegnere ogni notte una stella.