Una colonia di celacanti, un pesce raro, grosso circa come un uomo e ancor più vecchio dei dinosauri, potrebbe essere messa a rischio dalle nuove trivellazioni petrolifere dell’Eni nell’Oceano Indiano, al largo del Sudafrica. È l’allarme lanciato dagli ambientalisti che si occupano della salvaguardia delle acque e delle specie marine in loco e diffuso dal quotidiano The Guardian.
Patrimonio Unesco e nuovi pozzi
Le ricerche di Eni si svolgeranno su concessione del governo a 400 chilometri dalla costa, in un’area denominata Block ER236 e a circa 40 chilometri dall’area in cui furono scoperti circa trenta celacanti nel 2000 e dove tuttora la colonia prospera occupando il fondo dei grandi canyon: si tratta della baia di Sodwana, che si trova a iSimangaliso Wetland, un’area patrimonio Unesco.
La preoccupazione di oggi per questi pesci ritenuti fossili viventi, in quanto abitano questo pianeta da oltre 400 milioni di anni, deriva dal fatto che la baia di riferimento si trova a circa 200 chilometri dal primo pozzo che sarà trivellato.
Gli esperti: “A rischio questi fossili viventi”
Al Guardian Andrew Venter, ceo della ong Wildtrust, ha dichiarato: “Se ci fosse una perdita di petrolio in quest’area, i celacanti potrebbero essere spazzati via. Già il disastro della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico ha decimato le popolazioni di pesci nel 2010”. Anche il biologo esperto di celacanti Mike Bruton ha confermato che qualsiasi elemento interferisse con la capacità di assorbimento dell’ossigeno minaccerebbe la sopravvivenza di questi rari pesci.
Bruton ha detto che gli studi sui celacanti catturati al largo delle coste dell'Indonesia e della Tanzania hanno dimostrato che la lontananza del loro habitat non li ha protetti dall'esposizione a sostanze inquinanti come PCB e DDT, che erano stati usati sui terreni ma erano andati alla deriva sul mare con i venti atmosferici entrando nella catena alimentare dei predatori marini come questo pesce-fossile vivente al momento più antico del mondo: "Le fuoriuscite di petrolio non rispettano i confini delle aree marine protette".
La risposta di Eni
Subitanea la risposta della società per rassicurare gli ambientalisti. Eni ha infatti dichiarato di aver “condotto, come per ogni loro intervento in mare di questo tipo, una mappatura dell’habitat sensibile, documento che guida la pianificazione delle nostre operazioni. Dopo gli studi specialistici in questo territorio non sono emerse minacce specifiche né dal punto di vista dell'ecologia marina né dal punto di vista dei possibili scenari di perdite di petrolio in mare”.