Sono sempre di più gli animali che ogni giorno muoiono nei mari e negli oceani a causa della presenza di rifiuti, e in particolare di plastica, nelle nostre acque.
Solo nell'ultima settimana nel Mar Tirreno sono state trovate morte tre tartarughe: la prima il 4 giugno a Lipari, poi un'altra a Goia Tauro e l’ultima, una tartaruga Caretta caretta, a Vietri sul Mare, in provincia di Salerno.
Ma com'è possibile?
Ad uccidere le varie specie marine è soprattutto la plastica. Gli operatori di alcuni Centri di Recupero hanno spiegato che nell'80% degli esemplari di tartarughe recuperati vengono trovati residui di plastica nell'organismo.
Per questo, in occasione della Giornata mondiale degli oceani, che si terrà l'8 giugno, Legambiente ha lanciato un’iniziativa che suggerisce di adottare a distanza, in maniera simbolica, degli esemplari di tartarughe ricoverati nei centri e denominata "campagna Tartalove".
Con questa adozione diventa così possibile finanziare tutte le attività necessarie alla cura e alla tutela delle tartarughe marine, in particolare le Caretta caretta che sono una specie fortemente minacciata e, per questo, inserite nella Lista Rossa Iucn (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura). Stefano Di Marco, coordinatore della campagna Tartalove, ha spiegato come spesso la plastica galleggiante, venendo scambiata dalle tartarughe per meduse, viene mangiata.
Una volta ingerita però, nonostante spesso dia un senso di sazietà, la plastica non si degrada nell'organismo, ma anzi blocca l'istinto, che smette di nutrirsi, provocando denutrizione, blocchi intestinali o soffocamento
A volte invece “mangiare” la plastica alle tartarughe provoca problemi di galleggiamento, impedendogli di immergersi per alimentarsi.
Infine, altre volte alcuni esemplari restano intrappolati tra rifiuti a forma di lacci o in reti di nylon che, quando fortunatamente non provocano la morte, causano però ferite, lesioni o provocano deformità inguaribili.
Nonostante la gravità della situazione questo non è tutto, perché Stefano Di Marco ha spiegato che un altro grave problema è rappresentato dalle microplastiche, cioè frammenti piccoli e insidiosi, che nel Mediterraneo arrivano a concentrazioni record di 1,25 milioni per chilometro quadrato.
Queste rappresentano quindi una minaccia molto seria sia per le tartarughe marine, sia per le altre specie animali che divenendo poi il pasto dell’uomo, mettono a rischio anche la salute umana.
Prospettive per il futuro
Ogni anno, soprattutto con l'arrivare della bella stagione, iniziano le prime giornate di raccolta della plastica, nelle spiagge, nei boschi e nelle grandi città. Si tratta di iniziative importanti ma che, come al solito, cercano di risolvere un problema già esistente senza puntare ad eliminarlo sul nascere.
Il Ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, il 2 luglio dell'anno scorso, ha lanciato la "plastic free challenge", invitando tutti gli enti pubblici, ma anche i privati, ad iniziare ad eliminare la plastica.
Una campagna utile se avesse avuto seguito con politiche serie che andassero nella direzione di ridurre e poi eliminare la produzione e l'utilizzo di questa materia.
E così mentre il Governo tace, tanti organismi marini ogni giorno continuano a morire.
Per fortuna però ci sono anche esempi di Paesi e città virtuosi, che guardano al futuro, alla tutela dell'ambiente e degli animali. L'esempio più conosciuto? La città di San Francisco, che già dal 2012 ha iniziato ad approvare politiche volte alla totale eliminazione della plastica, partendo dal divieto di produzione di bottiglie di plastica. L'Italia sarà uno degli ultimi Paesi ad occuparsi del problema anche questa volta?