Un recente studio effettuato dall’University College di Londra, pubblicato anche sulla rivista scientifica Nature, sostiene che se non verranno ridotte le emissioni climalteranti, entro il 2030, si potrebbe verificare il collasso di molti ecosistemi. Gli scienziati del Center for Biodiversity and the Enviroment, dell’Università di Londra, esprimono questa ipotesi dopo aver studiato, in modo dettagliato, 30.652 specie terrestri e marine. Lo studio, infatti, tenendo presente che le temperature continuano a salire, tenta di fornire un modello di previsione per quando e in che contesto si potrebbero verificare danni seri a un ecosistema.
I risultati dello studio sugli ecosistemi
Gli scienziati del Center for Biodiversity and the Enviroment hanno preso come base i modelli climatici rientranti nella fascia dal 1850 al 2005 per configurare due ipotesi di scenari: uno basato sulla riduzione delle emissioni di gas serra e un altro (peggiore) che non prevede la riduzione delle emissioni. I dati ottenuti sono stati, quindi, rapportati con 30.652 specie terrestri e marine (mammiferi, anfibi, pesci, uccelli e piante). La data limite dell’elaborazione è stata quella del 2100.
Gli scienziati, nello studio, avvertono che se la temperatura della Terra aumenterà di 4 °C, entro il 2100, si potrebbero avere danni irreparabili su molti ecosistemi.
Invece, con un aumento contenuto sotto i 2 °C gli effetti sarebbero meno catastrofici; anche se si potrebbero avere danni irreparabili in zone dove è presente una ricca biodiversità (come per esempio la barriera corallina). Infatti, stando gli attuali trend di crescita delle temperature, i ricercatori dell'Università di Londra, gli effetti negativi si manifesteranno prima del 2030 a partire dagli oceani tropicali.
Emerge, quindi, l’importanza delle azioni da mettere in campo per mitigare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni.
Gli ecosistemi possono rappresentare una barriera per la diffusione delle malattie
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) negli anni ’90 aveva già segnalato che i cambiamenti climatici possono avere effetti negativi per la trasmissione di malattie infettive.
Gli esperti, oggi inoltre, ipotizzano che l’aumento di 1°C della temperatura terrestre può avere effetti sul comportamento dei virus, e incidere negativamente anche sulle modalità di diffusione delle epidemie.
Gli ecosistemi, infatti, se non vengono alterati dall’azione umana, possono rappresentare una difesa utile contro la diffusione delle malattie. In questo modo è possibile, perciò, anche ridurre il rischio del salto di specie (spillover). Tutte quelle tipologie di attività che incidono pesantemente sull’Ambiente (deforestazione, acidificazione degli oceani, consumo di suolo, errata gestione dei rifiuti), infatti, in un’ottica globale possono avere ripercussioni gravi sulla salute di tutti.
In questi lunghi giorni di emergenza Coronavirus, la sospensione globale di moltissime attività industriali e la riduzione degli spostamenti delle persone, hanno favorito (come dimostrato anche dalle immagini satellitari) un miglioramento della qualità dell’aria.
Considerato che non si potrà mantenere una situazione di fermo generale all’infinito, sarebbe necessario utilizzare proprio questa fase anche per ipotizzare la modifica graduale del modello di sviluppo e della struttura delle nostre società. Questo per riportare al centro i reali bisogni delle persone e garantire un futuro migliore per tutti.