Chiamiamolo il solito caso all’italiana della Serie C, ex Lega Pro. Chiamiamola farsa, paradosso o vicenda kafkiana. La sostanza però non cambia e il problema uno solo: mentre si discute su chi vince lo scudetto e si dibatte sui mali della Nazionale, i problemi veri che affliggono il calcio italiano sono altri e purtroppo sottovalutati. Perché non occorre scomodare la saggezza popolare per riflettere sul fatto che il pesce puzza dalla testa o che i mali nascono sempre dalle radici. Se la base è instabile, il fusto crescerà, quantomeno, storto. Se non bacato.

L'estate da incubo della Serie C

L’introduzione sarà pure un po’ parossistica e tediosa, ma è inevitabile per commentare l’incredibile susseguirsi di colpi di scena riguardo al ‘Caso Vibonese’, ignorato dalla stragrande maggioranza degli appassionati di calcio italiani, concentrati sula possibilità che Dybala vada al Barcellona o Insigne passi nella scuderia di Raiola, e del tutto allo sconosciuto dei tanti clamori dell’estate della terza serie. Per la Lega Pro guidata da Gabriele Gravina avrebbe infatti dovuto essere un’estate tranquilla: pochi club falliti, format a 60 squadre da salvaguardare facilmente e nuovi campionati all’insegna dell’incertezza e dell’equilibrio, proprio come i tre gironi della passata stagione.

Niente di tutto questo, tuttavia, perché pur se ci si è risparmiati almeno gli scandali da scommesse e affini (occhio però alle possibili conseguenze di un datato Catanzaro-Avellino…) ne sono successe di tutti i colori su altri fronti: ripescaggi a singhiozzo, gironi zoppi e ricorsi a fiumi. Così ecco i calendari a due riprese, prima le prime tre giornate e poi il resto, solo dopo la riammissione coatta del Rende.

La vittoria annunciata della Vibonese

Tutto finito, con 57 squadre e tre gironi da 19? Niente affatto, perché l’ultima parola è stata della Vibonese, capace di vincere una battaglia che pareva persa, quella relativa alla possibilità di riscrivere la classifica dello scorso girone C: il declassamento all’ultimo posto del Messina (poi fallito e costretto a ripartire dalla D) ha permesso ai calabresi di ottenere la riammissione, cancellando la sconfitta ai playout subita contro il Catanzaro.

Il resto è noto: prima, il 27 luglio, il no del Coni, poi, il 24 agosto, la Corte Federale d’Appello che accoglie il ricorso decretando la riammissione della Vibo in C e, incredibile ma vero, la FIGC e la Lega Pro che fanno ricorso al Collegio di Garanzia del Coni, chiedendo “l’immediata sospensione in via cautelare della decisione gravata”. Sì, proprio così: la Federazione ha presentato appello contro la decisione di un proprio stesso organo, punto forse di non ritorno per una serie di problemi, quelli della Serie C in primis, ma pure quelli relativi alla giustizia sportiva e, buon ultimo, ma non ultimo, la tendenza tutta italiana a non affrontare i problemi per tempo.

Un caso che si poteva evitare

Sì, perché il caso Messina non sarebbe stato tale se il caso relativo alla fidejussione Gable, che ha di fatto permesso ai siciliani di partecipare alla scorsa Lega Pro pur non avendone i requisiti, fosse stato affrontato per tempo: nella scorsa estate sarebbe ovviamente stato l’optimum, ma in ogni caso non sono mancate le occasioni per approfondire per tempo un caso che in realtà appariva già chiaro dall’inizio e che, prima o dopo era noto, si sarebbe trasformato in un bubbone. Fatto sta che cosa fatta, capo ha e allora via ai corollari, a partire dalla sfilata di politici vibonesi bipartisan per blandire la causa della squadra della propria città, e per inciso pure i tifosi della stessa (un voto in più non fa mai male, e il calcio ne sposta molti…) per proseguire con l’approdo del caso addirittura in Parlamento.

Ma i problemi sono soprattutto tecnici, perché il campionato di Serie C è cominciato e pure quello di Serie D, con ovvio rinvio della gara dei calabresi impegnati sul campo della Nocerina, senza pensare a cascata a quello di Eccellenza, da dove dovrebbe essere ripescata la squadra chiamata a prendere eventualmente il posto della Vibonese in D.

Cosa può succedere

L’unica certezza è che la Vibonese parteciperà ad uno dei due, sebbene il dg Beccaria abbia anticipato l’intenzione del club di non iscrivere la squadra a nessun campionato qualora il ricorso contro la riammissione venisse accolto. Difficile prevedere come finirà la vicenda, anche se una nuova estromissione della Vibonese appare quantomeno improbabile, anche alla luce della ragione nel merito del club calabrese, di cui Gravina e Tavecchio dovranno nel caso prendere atto pur se con imbarazzo.

Sullo sfondo c’è l’ultima spiaggia che si presenta per i rossoblù, l’eventuale e clamoroso ricorso al Tar del Lazio. In ogni caso la figuraccia è servita per tutti, il campionato, anzi i campionati, discretamente saltati. Senza, però, che nessuna testa sembri poter saltare per questa estate tutta da ridere.