Il Mondiale di Russia 2018 è giunto alle semifinali, ma è già nella storia del calcio. In tanti hanno sottolineato la composizione interamente europea del tabellone al penultimo atto del torneo, ma questo non è un evento storico: sebbene non frequente, si era verificato in altre quattro edizioni della kermesse: 1934, 1966, 1982 e 2006 (ben tre di queste vinte dall'Italia, ndr). Più che altro, le formazioni sudamericane sono all'asciutto di titoli ormai da quattro Mondiali e questo è un dato statistico che non si era mai verificato. Ma ciò che appare rivoluzionaria è la composizione del 'gotha' iridato: scorrendo il nome delle semifinaliste infatti (Francia, Belgio, Inghilterra e Croazia) non si può non notare l'assenza di almeno una fra le tre 'grandi', le squadre più titolate: Brasile, Germania ed Italia.

A parte l'edizione inaugurale del 1930, una di queste tre nazionali dal 1934 al 2014, era sempre salita sul podio.

Un dominio durato 80 anni

Il Brasile ha vinto cinque titoli mondiali (1958, 1962, 1970, 1994 e 2002), la Germania (1954, 1974, 1990 e 2014) e l'Italia (1934, 1938, 1982 e 2006) quattro a testa. Al di là delle tredici edizioni vinte complessivamente, una delle tre ha sempre ottenuto almeno una medaglia dal 1934 al 2014. Nel 1950 (Uruguay campione del mondo) il Brasile fu secondo, nel 1966 (trionfo dell'Inghilterra) la piazza d'onore toccò alla Germania Occidentale, nel 1978 e 1986 (le due edizioni vinte dall'Argentina) Brasile e Germania Occidentale furono, rispettivamente, terzo e seconda; nel 1998 (Francia mondiale) il Brasile giunse al secondo posto.

Infine, nell'edizione 2010 (vinta dalla Spagna) ci fu il terzo posto della Germania. La sintesi perfetta di questo autentico dominio iridato è quella del 1970 quando i primi tre posti furono occupati da Brasile, Italia e Germania Occidentale. L'unica volta in cui nessuna delle tre nazionali più titolate del pianeta era salita sul podio risale al 1930, torneo vinto dall'Uruguay, ma tanto la Germania quanto l'Italia non presero parte alla prima edizione dei campionati del mondo di calcio per scelta delle rispettive Federazioni: fu un Mondiale a 13 squadre dove venne a mancare la stragrande maggioranza delle formazioni europee, un boicottaggio motivato dalla difficoltà di raggiungere il Sudamerica in quell'epoca (il viaggio era possibile solo in nave e venne giudicato troppo lungo, massacrante e costoso).

Brasile sconfitto a testa alta

Per noi italiani, ma un per tutto il calcio internazionale, Russia 2018 sarebbe stato un Mondiale atipico in partenza. L'assenza degli azzurri dopo 60 anni (l'Italia era stata eliminata dalle qualificazioni soltanto nel 1958) aveva privato il tabellone di un ex campione del mondo ed una naturale favorita (indipendentemente da un livello certamente non eccelso come quello attuale della nostra squadra, ndr).

Ma lo choc degli addetti ai lavori è proseguito nel primo turno con la prematura uscita di scena della Germania campione in carica, per la prima volta nel dopoguerra. Il Brasile ha invece salutato il torneo nei quarti di finale, eliminato dal Belgio al termine di una gara intensa e combattuta. Paradossalmente, la selecao si è comportata meglio del mondiale casalingo di quattro anni fa, quando giunse quarta ma con il peso dell'umiliante 1-7 subito dai tedeschi in semifinale. Quello di Tite non è certamente un Brasile spettacolare come nel passato, ma si tratta comunque di una squadra solida ed equilibrata e, alla luce di come sono andate le cose nel match contro i belgi, avrebbe quantomeno meritato di agguantare il pareggio e giocarsela nei supplementari.

La nazionale sudamericana ha sofferto l'assenza dell'unico giocatore realmente insostituibile: non è il fuoriclasse della situazione, ma il 'volante' Casemiro, l'equilibratore, ciò che in Europa viene definito mediano. A rendere problematica la gestione di Tite, inoltre, una serie di infortuni a catena iniziata poco prima del torneo con Dani Alves e proseguita nel corso del Mondiale con Danilo, Marcelo e Douglas Costa (quest'ultimo impiegato parzialmente, appunto per una serie di ricorrenti problemi fisici). Il Brasile del secondo tempo contro il Belgio è stato comunque il miglior Brasile ammirato nel torneo, capace di comprimere l'avversario nella propria metà campo e di creare innumerevoli palle-gol.

Il flop Neymar

La vera nota stonata della selecao è, piuttosto, da ricercare nell'uomo che più di ogni altro doveva consentire il salto di qualità. Dovevano essere i suoi Mondiali, ma Neymar ne esce prepotentemente ridimensionato e due gol (di cui uno facile facile) non cambiano la sostanza. Al di là di una condizione fisica non perfetta (il giocatore veniva da un lungo stop per infortunio), 'O'Ney' è apparso nervoso, quasi indisponente nella sua ricerca continua del numero ad effetto e del dribbling impossibile, addirittura patetico nelle sue teatrali sceneggiate. Il calciatore più costoso del pianeta deve ritrovare la serenità perduta, deve crescere sotto il profilo mentale e liberarsi da quella dimensione di 'bambinone viziato' con cui è stato definito, certamente non a torto.

L'intero popolo brasiliano, il più passionale del mondo quando si tratta di calcio, adesso lo chiama innanzi alle sue responsabilità e lui nel futuro sarà chiamato a risponderne sul campo. Oggi Neymar sembra un ragazzo solo, in lotta con tutti, anche con sé stesso. Per il proseguo della sua carriera vale certamente ciò che è stato detto e ribadito per Leo Messi, anche se quest'ultimo a differenza di Neymar ha imboccato la fase conclusiva della sua straordinaria parabola. Ad ogni modo è il momento di smetterla con i paragoni scomodi, soprattutto se si tira in ballo gente come Maradona o Pelé. La continua ricerca dei miti del passato nei calciatori odierni è controproducente, soprattutto perché nessuno degli eroi di oggi ha la stoffa degli 'Dei'.

Germania ed Italia, nazionali da ricostruire

Il flop della Germania è stato clamoroso, soprattutto perché i tedeschi nella lunga storia dei Mondiali erano stati eliminati soltanto una volta al primo turno, nel lontano 1938. La nazionale campione uscente è semplicemente arrivata alla fine di un ciclo, così come accaduto in passato, soltanto che questa volta la mancanza di autentici fuoriclasse ha reso il risultato fallimentare. Ad essere sinceri, quella di Joachim Loew non è mai stata una squadra di stelle, ma un'armata compatta e funzionale in ogni reparto che ha fatto dell'organizzazione di gioco e dello spirito tipicamente teutonico la propria forza: adesso urge il ricambio generazionale e ci vorrà tempo per una paziente ricostruzione, come già accaduto nei primi anni 2000.

Diverso il discorso dell'Italia, perché l'eliminazione nei play off ad opera della Svezia è stata solamente la punta dell'iceberg di una serie di incredibili fallimenti iridati: non bisogna dimenticare, infatti, che gli azzurri erano ingloriosamente usciti al primo turno nelle due edizioni successive al titolo del 2006. La cronica mancanza di veri talenti ed un campionato di Serie A complessivamente mediocre nelle ultime stagioni (con l'unica eccezione della Juventus che, per l'appunto, lo vince ininterrottamente da ormai sette anni) hanno prodotto l'azzurro pallido di Giampiero Ventura che tenterà di ritrovare colore con Roberto Mancini. Il compito è difficile perché il parco giocatori a disposizione del nuovo CT non è certamente diverso da quello del suo predecessore e, inoltre, la ricostruzione della nazionale deve essere accompagnata da una riorganizzazione complessiva del calcio italiano.

Se Atene piange (la Germania in questo caso), la Sparta italiana non ride e, anzi, è in stato confusionale. Rimboccarsi le maniche e bagnarsi di umiltà oggi è doveroso, purtroppo gli ultimi proclami di Mancini ci lasciano decisamente perplessi: "In questi Mondiali, soltanto il Brasile è superiore all'Italia" ha dichiarato recentemente il CT. Il problema è che parecchi, tra gli addetti ai lavori ed i tifosi, ci credono anche.

Mondiali senza una vera favorita

Il Mondiale, dunque, si appresta ad affrontare il rush finale: Francia contro Belgio, Croazia contro Inghilterra, nelle prossime due partite si conosceranno i nomi delle finaliste che si contenderanno il titolo. Tra le 'Fab Four', francesi ed inglesi hanno già vinto il titolo, ma tutte hanno già preso parte ad almeno una semifinale nella loro storia calcistica.

La Francia è l'unica delle favorite della vigilia ad essere ancora in lizza, ma alla luce della fine che hanno fatto le altre annunciate protagoniste del torneo, non è una garanzia di successo. I transalpini troveranno il Belgio, sintesi perfetta di talento, grinta ed organizzazione di gioco. Una squadra versatile, capace di dettare i tempi di una partita, ma altrettanto brava ad adattarsi in base alle caratteristiche dell'avversario: proprio questa qualità ha permesso ai diavoli rossi di superare il Brasile e c'è da scommettere che il CT Martinez ha già pronte le sue contromosse anche per la Francia dove, però, c'è un giocatore in grado di far saltare il banco. Si chiama Kylian Mbappé e sarà chiamato a fare ciò che Neymar non è stato capace di fare: l'invenzione ed il colpo di genio.

Dall'altra parte del tabellone c'è l'Inghilterra più talentuosa degli ultimi vent'anni di calcio: una squadra giovane e sfrontata che gioca in velocità, palla a terra, ha un terminale offensivo micidiale come Harry Kane e sembra possedere le qualità necessarie per centrare una finale che manca ai figli di Albione da oltre mezzo secolo. Affronterà la Croazia, vera erede della grande tradizione del calcio jugoslavo, altra brillante sinergia tra talento ed organizzazione di gioco orchestrata da un Luka Modric assolutamente monumentale. Dal punto di vista dell'incertezza complessiva, è uno dei Mondiali più belli di sempre, sebbene il livello tecnico non sia quello degli anni d'oro del calcio internazionale. Un Mondiale che, come detto, è già nella storia del calcio, ma non sappiamo ancora se sia davvero in grado di cambiarla.