In occasioni pubbliche,riferendosi all'omosessuale "che cerca il Signore e ha buona volontà" si èsentito Papa Francesco pronunciare la frase… "machi sono io per giudicare?". Taleespressione è suonata ai più come una forma di tolleranza nei confronti di chiha un diverso orientamento sessuale, o magari come un'astensione da ognigiudizio. E' emersa tuttavia la notizia di una lettera che l'attuale pontefice (allora cardinale) avrebbe spedito aBuenos Aires per esprimere il suo pareresulla questione.

Il destinatario della missiva eraJusto Carbajales, arcivescovo diBuenos Aires, nonché presidente della commissione per i laici della conferenzaepiscopale argentina.

La circostanza era la discussione in parlamento della legge che avrebbe autorizzato il matrimonioomosessuale e la conseguente possibilità di queste coppie di adottare deibambini.

La commissione episcopaleargentina aveva infatti organizzato una manifestazionedi protesta all'approvazione di tali leggi e l'allora cardinale Jorge MarioBergoglio firma il suo sostegno all'iniziativa. Nella lettera (dal testooriginale in spagnolo, ma tradotta dal professore Massimo Introvigne sul blog"La Nuova Bussola") egli esordisce sottolineando l'importanza di non giudicaregli omosessuali e piuttosto di mantenere un atteggiamento cristianocaratterizzato da "rispetto" e "mansuetudine".

Premesso un incoraggiamento allamitezza e all'accettazione delle differenze, Bergoglio adduce le ragioni delsuo dissenso alle unioni omosessuali.

Fa riferimento alla procreazione cheavviene tra un uomo e una donna definendola un "cammino naturale", e allafamiglia tradizionale come alla "cellula della società". In base a taliprincipi l'approvazione delle leggi in questione rappresenterebbero "un reale e grave regresso antropologico".Ragiona sul fatto che una famiglia costituita da un padre-uomo e unamadre-donna non possono essere paragonate ad una in cui i genitori siano dellostesso sesso. "Distinguere non è discriminare"-sono le sue parole- "al contrario, èrispettare". E lancia una velata critica agli adulti che antepongono i loropretesi diritti a quelli prioritari dei bambini.