Ancora rinvii ma perlomeno una buona notizia ci sarebbe. Finalmente dopo più di un anno il governo indiano ha preso una posizione chiara e netta e quindi è favorevole alla non applicazione della tanto contestata "Sua Act" ovvero la legge antipirateria che prevede anche la pena di morte per i due marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. La notizia è arrivata per bocca del procuratore generale indiano G.E. Vahanvati il quale, in una sua breve relazione ha sposato la tesi del governo della non applicabilità della legge al caso dei due marò italiani che, circa un anno fa, in Kerala, una regione del sud dell'India uccisero in un'azione antipirateria due pescatori indiani.
Nonostante questa apertura da parte del governo indiano, la difesa delle famiglie dei defunti, si è opposta in maniera ferrea a questa soluzione motivando in poche righe la propria posizione. Il giudice indiano, giusto per cambiare, ha rinviato di due settimane l'udienza per decidere il capo d'accusa. E' ormai passato un anno e la Corte Suprema Indiana non ha ancora deciso il capo di imputazione per i due marò impegnati per conto dell'Italia in un'azione di repressione della pirateria. Un'attività che contrasta con l'accusa di terrorismo voluta dalla difesa indiana.
Tra proclami e difese, il giudice indiano sembra più confuso che mai visto che nelle ultime settimane si è provveduto a quattro rinvii conclusisi con un nulla di fatto.
La scorsa settimana il ministro degli esteri italiano Emma Bonino aveva richiamato l'ambasciatore italiano in India e richiesto l'intervento dell'Europa e delle Nazioni Unite. L'azione di pressione ha convinto il governo, ma non il giudice, si aspetta quindi la formulazione del capo d'accusa tra due settimane.