Non c'è pace per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre i due Marò fermati e arrestati in India più di due anni fa, accusati di aver ucciso due pescatori nelle acque dello stato del Kerala, esattamente il 15 febbraio 2012. I due stavano svolgendo in quel periodo un servizio di vigilanza armata sulla nave "Enrica Lexie". I due marò ne hanno passate di tutti i colori in questi ventiquattro mesi e nonostante i vari tentativi di liberazione da parte della politica italiana, al momento, si trovano ancora in India in attesa del processo.
Ogni giorno che passa ci sono nuovi notizie; nella giornata odierna c'è una notizia positiva e una negativa.
Vediamo di cosa si tratta.
Caso Marò: esclusa la legge antipirateria
La notizia positiva è sicuramente che il governo indiano ha deciso di escludere la legge antipirateria dal caso dei due marò italiani. Un piccolo sospiro di sollievo per i due militari, che rischiavano la pena di morte in caso di conferma delle accuse sull'uccisione dei due pescatori nella stato di Kerala. In questo momento, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, potranno essere condannati solamente sulla base del codice penale indiano e non sul "Sua Act" (appunto la legge antipirateria).
Caso Marò: siamo al 27esima rinvio del processo
La notizia negativa è che lo stesso governo di New Delhi - dopo aver escludo la "Sua Act" - avrebbe chiesto l'intervento della Nia, ovvero l'unità antiterrorismo della polizia.
Per quale motivo? Semplice: per il governo indiano infatti dovrebbe essere proprio la Nia a confermare i capi d'accusa essendo loro i primi ad aver svolto le indagini sull'omicidio dei due pescatori.
Questa scelta non è stata presa bene dagli avvocati dei due marò, che trovano delle contraddizioni tra l'esclusione della legge antiterrorismo e il nuovo "ingresso" della Nia nelle indagini.
Questo ha portato ad un nuovo rinvio del processo di ben due settimane. Entro i prossimi sette giorni la difesa dovrà motivare il suo rifiuto sull'inserimento della Nia nel processo e nei sette giorni successivi sarà l'accusa a dover dare la sua opinione.