La terza parte dell'intervista a Max Ulivieri - Purtroppo siamo in molti a credere che solo le persone di bell'aspetto possano arrogarsi il diritto di scegliere. Capita che un ragazzo (o una ragazza), non propriamente attraente, possa diventare bersaglio di feroci critiche se solo si "azzarda" a rifiutare delle attenzioni. È qualcosa che, a priori, non può permettersi. E se una persona "brutta" non può permettersi di non ricambiare un interesse, figuriamoci che cosa non potrebbe permettersi un disabile.

Max, invece, non si è impantanato nella melma dei terribili "a priori".

Max crede in se stesso, nelle sue potenzialità, e ciò gli ha permesso di collezionare un buon numero di storie ed esperienze prima dell'incontro con sua moglie.«Quando ho iniziato ad avvertire i primi, naturali impulsi, avevo difficoltà a masturbarmi. Non è che non riuscissi a farlo, ma dovevo chiedere aiuto a mia madre, per potermi chiudere in bagno o in camera da letto. A 22 anni sono andato con delle escort. Poi, sempre grazie a internet, ho avuto l'opportunità di conoscere un sacco di donne. Diciamo che le mie relazioni sono partite in contemporanea con l'avvento di internet. Le donne con cui mi sentivo erano colpite dalla mia personalità, dal mio carattere. Credo che a loro piacesse il mio essere diretto, e la mia positività.

Ma soprattutto, credo che abbia influito il fatto che sapessi ascoltarle. Ma non per finta, come fanno tanti uomini. Le ascoltavo per davvero, le donne lo apprezzano parecchio. Superato il primo scoglio, la notizia che fossi disabile, in molte di loro, non creava alcun problema. Quando qualcuno ti prende di testa, tutto si trasforma.

Anche se non è andata sempre bene. Alcune donne, ad esempio, quando ci s'incontrava, si rendevano conto che non si sentivano a proprio agio. Una, in particolare, riusciva ad amarmi solo a distanza. Quando eravamo distanti, era dolcissima, mi diceva che le mancavo. Poi, da vicino, s'irrigidiva, non riusciva a lasciarsi andare.

Sono stato otto mesi a farmi torturare da questa situazione, finché non ce l'ho fatta più, l'ho affrontata e l'ho lasciata. Con altre, invece, i problemi erano diversi, talvolta esterni alla coppia. Come i genitori di una mia ex. Le dicevano "Se proprio vuoi fare volontariato, va' in Africa". Poi c'era Sabrina, un'artista, una creativa. Era anche maledettamente gelosa, squilibrata. In quel caso fui io a dire ai genitori che facevo volontariato. Ho avuto anche delle semplici avventure, toccata e fuga. Una che veniva da Siena. Prese il treno per raggiungermi, passammo un weekend assieme facendo sesso e poi ripartì. Non ci siamo più visti né sentiti. La prima storia seria, invece, l'ho avuta a 29 anni.

Dopo sei mesi, avemmo un incidente d'auto. Io mi ruppi il femore, lei restò paralizzata per sei mesi, dopodiché andò a operarsi in Svizzera». Max osserva il mio sguardo incredulo per la sua storia quasi da film. Mi tranquillizza. «L'operazione è riuscita, sta bene. Comunque, sono stato fortunato anch'io, nel senso che ho trovato donne molto intelligenti, sensibili, che mi hanno insegnato qualcosa. Sì, anche a fare l'amore, a lasciarmi andare. All'inizio lo facevo vestito, sai come quelle donne degli anni '50 che lo facevano giusto attraverso un buco nel lenzuolo. A mano a mano ho esplorato, sperimentato. Le mie donne mi hanno educato al piacere, mi hanno aiutato a superare i miei limiti. E oggi, con Enza, ho una vita sessuale molto appagante, non abbiamo difficoltà.

A me eccita sapere quello che a lei eccita. Mi piace che lo condivida con me e, magari, metterlo poi in pratica. Eppure, sai, anche nell'ambiente c'è ancora parecchia ignoranza. Mi spiego. Una nostra amica che lavora proprio con i disabili, si complimentò per il nostro affiatamento di coppia, poi aggiunse "Eh però come fate con il sesso?". Ma come! Almeno lei dovrebbe saperlo che non tutti vivono questo tipo di difficoltà».

Gli chiedo se sia riuscito a laurearsi. «Purtroppo no», risponde, «mi sarebbe piaciuto tanto, ma come facevo con il mio problema? Mi sono fermato alle superiori. A scuola ci andavo con la carrozzina elettrica. Però ho letto tanto, ho cercato di studiare da solo, mi piace molto la filosofia, e la musica.

Da piccolo cantavo in un gruppo dark, gli Zoroastro, dal nome di una religione, lo zoroastrismo. Anche se non sembra, ho un lato molto dark. E di solito non parlo così tanto. Con te lo faccio perché mi stai intervistando».

A tal proposito, gli chiedo con quante persone abbia "parlato", com'è cambiata la sua vita da quando è diventato un "personaggio pubblico". Esordisce nel migliore dei modi. «Ho conosciuto tante donne. Giornaliste che volevano intervistarmi. Un giorno si presentò una giornalista russa. Era bellissima. Mia moglie andò in crisi. È gelosa. Non si direbbe, ma è gelosissima. Infatti non vuole nemmeno che una donna mi assista in casa mentre lei non c'è. Lavora part time, e così passo la mattinata da solo.

Credo che l'unica donna che possa rispondere ai suoi requisiti debba essere alta un metro e quaranta, anziana e con i baffi. Anzi, forse nemmeno questo basterebbe. Anche quando siamo per strada, non vuole che guardi le altre donne. Ma per quanto la ami, ho due occhi, e se vedo una bella donna, la guardo. Non c'è mica scritto "Enza" su tutti i miei neuroni?"». Ma la gelosia - gli chiedo - non è corrisposta? A lei non capita di guardare gli altri uomini? «Be' sì, anche a lei succede di guardare qualcun altro, anche se non sono geloso quanto lei. Però le piaceva un ragazzo che ha lavorato con noi. Abbiamo girato l'episodio pilota di Sotto le coperte, una web serie per il progetto "Are you series?" del Milano Film Festival.

Una troupe di giovani ci ha ripreso nella nostra quotidianità, abbiamo fatto delle riprese sotto la doccia, anche se sono molto pudiche. Non si vedono le nostre parti intime, né il seno di Enza. È stata una cosa molto delicata. Con noi lavorava un ragazzo colombiano, un vero figo. Immaginavo che a Enza piacesse, ma a lei non garba il classico "bellone". Apprezzava un altro ragazzo della troupe, uno carino, ma non bellissimo. E sì, sono stato un po' geloso».

Mi spiega, inoltre, che dopo l'esperienza come attore si sta cimentando nella sceneggiatura di un film. La trama, ovviamente, è top secret. «Anche perché, se rivelassi qualche particolare, la regista mi ucciderebbe». Mi avvio alla conclusione della nostra chiacchierata sollevando una questione un po' controversa.

Gli spiego di aver letto il bell'intervento di una giornalista, sulla pagina del suo comitato, in cui si osserva che i lettori intelligenti e aperti di mente di un bimestrale erotico si sono indignati dinanzi a una copertina che ritraeva un dipinto di un'anziana nuda, come se l'esibizione dei corpi diversi, come quelli degli anziani o dei disabili, non possano che suscitare disgusto in chi li guarda, mentre l'esserne attratti non può che denotare depravazione. «Non credo che sia questo il punto», chiosa Max, «io non parlerei di depravazione. Sai qual è il vero tabù? Che un corpo diverso, come il corpo di un disabile, sia in grado di far godere. Ciò non è assolutamente concepibile».

Chiude la nostra chiacchierata con un paio di riferimenti colti.

«Quando penso a me stesso e al mio aspetto, mi reputo unico. E non è, forse, l'unicità, a essere bella? Mi sento come un quadro di Picasso, e i quadri di Picasso non sono forse considerati dei capolavori per la loro unicità?». E poi cita un aforisma di Seneca, come esempio per farmi capire quanto gli importi del giudizio altrui: "Quanto è insensato l'oratore che si allontana felice per gli applausi di un pubblico ignorante! Perché ti rallegri di essere lodato da persone che non puoi a tua volta lodare?".