Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha dichiarato che la vigilanza massiva dei governi nell'era di Internet, si sta trasformando in "un'abitudine pericolosa". Alla presentazione del rapporto sul tema "Il diritto alla privacy nell'era digitale", ha precisato come esista una carenza "preoccupante" di trasparenza in merito alle politiche e pratiche di vigilanza governativa in rete.
Il rapporto segnala, inoltre, che in molti paesi non esiste nessuna regolamentazione legale del tema, o, quando sussiste, si nota un'applicazione non adeguata della stessa.
Mancano, inoltre, garanzie processuali chiare, ed una supervisione efficace sul tema: anzi, viene data carta bianca alle imprese per facilitare l'accesso alle informazioni e ai dati virtuali, senza neppure il consenso da parte degli utenti.
Tale situazione, precisa ancora Pillay, di fatto impredisce la possibilità anche solo di verificare eventuali violazioni dei diritti umani, nonostante il diritto alla privacy, "sia sancito giuridicamente a livello internazionale".
Durante un anno, Pillay ed i suoi collaboratori hanno analizzato le leggi nazionali ed internazionali esistenti, hanno inviato questionari alle differenti Istituzioni governative e non dei Paesi membri, a seguito di una petizione dell'Assemblea delle Nazioni Unite nel passato dicembre.
La conclusione dell'informativa è drammatica: "le piattaforme tecnologiche dalle quali dipendono sempre più la vita politica, economica e sociale mondiale, non solo sono vulnerabili alla vigilanza massiva, ma in realtà la facilitano".
Il rapporto invita fermamente gli Stati a stabilire istituzioni indipendenti al fine di monitorare il fenomeno, aggiungendo che "qualsiasi dato digitale catturato è potenzialmente un'interferenza alla vita privata dei cittadini, e, ancor di più, rappresenta un'ingerenza al diritto alla privacy, la raccolta e la conservazione sistematica di tali dati da parte dei governi".
Altro aspetto inquietante, è la crescente dipendenza da parte dei governi, del settore privato, nel mettere in atto la vigilanza digitale: una compagnia che fornisce dati al governo statale, in risposta ad una richiesta che contravvenga di fatto le norme fondamentali sui diritti umani, "si rende complice dei governi, abusando dei diritti umani dei cittadini".
"Il flusso costante - conclude la Commissaria - di nuove informazioni sul tema, dimostra come sappiamo ancora troppo poco sulla natura precisa di questa vigilanza digitale, e a quale grado realmente si stanno violando i nostri diritti".