Alla fine è arrivata la sentenza per Oscar Pistorius: il giudice Thokozile Masipa l'ha condannato a cinque anni di carcere per l'omicidio della fidanzata, Reeva Steenkamp. L'accusa aveva chiesto almeno dieci anni di galera, mentre la difesa avrebbe preferito l'affidamento ai servizi sociali. Oltre a ciò, l'ex atleta paraolimpico è stato condannato a tre anni di reclusione per possesso di armi da fuoco, ma questi sono stati annullati con la condizionale.

La famiglia di Reeva, tramite il proprio legale, ha fatto sapere di essere rimasta soddisfatta della condanna emessa dal giudice e, di conseguenza, non presenterà alcun appello. Durante la lettura della sentenza, in aula, c'era una tensione che si tagliava col coltello: Pistorius è rimasto freddo, impassibile, e dopo aver ascoltato la condanna nei suoi confronti si è limitato a stringere la mano ad alcuni familiari, prima di essere portato via.

La giudice, prima di leggere la sentenza, ci ha tenuto a sottolineare che: "la decisione è solo mia", quindi ha ripercorso le fasi salienti del processo, ricordando le testimonianze più importanti e anche sentenze precedenti riguardanti casi simili a quello per cui era accusato Oscar Pistorius. Mentre la giudice parlava, l'ex atleta ha ascoltato teso, con lo sguardo fisso davanti a sé, ma senza mai tradire la benché minima emozione.

Un esperto legale intervistato dalla Bbc subito dopo la sentenza, ha affermato che Pistorius ora dovrà scontare almeno un sesto della pena, cioè dieci mesi, prima di poter chiedere la libertà vigilata. Poco prima dell'ultimo atto del processo, la sorella e il fratello dell'ex campione paraolimpico avevano lanciato delle pesanti accuse nei confronti dei media colpevoli, secondo loro, di aver manipolato la verità sulla morte di Reeva, diffondendo anche delle notizie che sarebbero state distorte e rese "sensazionali" per aumentare l'interesse verso questa triste vicenda. Probabilmente, anche in relazione a queste pesanti dichiarazioni, la giudice al momento della lettura della sentenza ci ha tenuto a sottolineare come fosse una decisione soltanto sua.