Era un brutto periodo della sua vita, una giornata nera, e oppressa dalla solitudine stava piangendo al tavolino di un bar in via Imbonati, a Milano. In quel momento di disperazione, le si avvicina un uomo, un 32enne tunisino che conosce di vista da un po' di tempo. Il conoscente, gentile e affabile, le chiede quali siano i suoi problemi, e una volta ascoltati con pazienza e comprensione, offre alla donna ospitalità per quella notte. Di fronte alle riserve della ragazza, l'uomo la convince dicendole che il suo appartamento è accogliente e con lui ci sono anche i figli, quindi niente di più sicuro e familiare.

Lasciatasi convincere che per una volta abbia trovato una persona d'animo buono che davvero la voglia aiutare, la donna accetta, e quando arriva nella casa del tunisino, per lei comincia un nuovo incubo. Il conoscente, infatti, non vive in un appartamento accogliente, ma si tratta di un luogo disordinato e piuttosto malandato: una volta chiusa la porta alle sue spalle, l'uomo estrae un coltello e, minacciando la sua vittima, la costringe a denudarsi e a farsi una doccia davanti a lui. Subito dopo la violenta e per 10 ore la povera ragazza è succube della depravazione sessuale di quel finto amico.

Il giorno dopo, distrutta ulteriormente nell'animo e nel fisico, la donna incrocia una pattuglia della polizia e spiega di aver subito violenza. L'indagine passa subito all'Unità tutela donne e minori che si mette al lavoro per assicurare alla giustizia lo stupratore. Dopo aver raccolto la denuncia della donna, gli investigatori le mostrano una serie di foto segnaletiche, e tra queste la vittima riconosce il suo stupratore: un tunisino con molti precedenti penali. L'uomo è stato dapprima fermato e poi arrestato su convalida del pm Giovanni Polizzi.

Nel corso della perquisizione in quell'appartamento da incubo, gli agenti hanno trovato il coltello con il quale la donna era stata minacciata, e anche delle assi di legno. Queste ultime sono risultate decisive per incastrare il tunisino, poiché nella denuncia la vittima aveva spiegato che il suo aggressore aveva utilizzato una trave di legno, incastrandola fra il divano e la porta, per evitare che fuggisse.