Oggi in Francia è giorno di lutto nazionale, il tempo del cordoglio e della partecipazione silente al dolore collettivo. Tra le 12 persone rimaste uccise nell'assalto di ieri alla sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, il portiere dello stabile, due agenti di polizia, quattro altre persone che collaboravano a vario titolo con il settimanale e cinque firme storiche del giornalismo francese, quattro vignettisti e un giornalista economico. Sono di questi ultimi i volti circolati su Internet con più frequenza nelle ore successive all'attentato, assurti loro malgrado a simbolo del rifiuto a «vivere in ginocchio», per utilizzare l'espressione di uno di loro, il direttore Stéphane Charbonnier, conosciuto come Charb, che tempo fa aveva dichiarato: «non ho paura delle rappresaglie.

Non ho figli, non ho una moglie, non ho un'auto, non ho debiti. Forse potrà suonare un po' pomposo, ma preferisco morire in piedi, che vivere in ginocchio».

Charb, nato nel 1967, nel 1992 aveva partecipato al rilancio di Charlie Hebdo, una testata che aveva sofferto parecchie tribolazioni ed era nata nel 1960 come mensile, con il nome di Hara-Kiri. Nel 1969, il fondatore François Cavanna aveva deciso di trasformare la rivista in un settimanale, ma nel 1970, a causa di un titolo caustico sulla morte di De Gaulle, Hara-Kiri fu diffidato da ulteriori pubblicazioni e costretto a chiudere. La rinascita nel 1992, quando il settimanale assunse il nome e la linea editoriale che ha ancora oggi.

Chi erano i disegnatori uccisi

Insieme al già ricordato Charb, ieri sono morti anche i suoi più stretti collaboratori: Jean Cabut, che si firmava Cabu, aveva 77 anni ed era considerato uno dei padri del graphic journalism, ammirato per i suoi réportage e per lo stile quasi fotografico e il ritmo cinematografico delle sue 'bandes dessinées'.

Bernard Velhac, che usava lo pseudonimo di Tignous, aveva 58 anni ed era forse meno noto dei quattro colleghi, ma ugualmente dissacrante: sue le copertine dedicate all'espatrio di Depardieu e alla primavera araba.

Georges Wolinski aveva 80 anni ed era considerato un maestro, autorità indiscussa nel mondo del fumetto, era nato a Tunisi da madre italo-francese e padre ebreo-polacco.

Era presto rimasto orfano di padre e così si era trasferito in Francia, dove dall'età di 26 anni per professione fustigava politici e ideologi, punzecchiando gli ipocriti e i benpensanti e celebrando l'erotismo come espressione massima di libertà ed emancipazione dai luoghi comuni e dai conformismi, la carne come unico luogo incontaminato, non ancora viziato dai compromessi.

E per questo sbagliava chi vedeva nella sua inclinazione a rappresentare la nudità femminile un accento misogino o sessista perché, al contrario, Wolinski non concepiva se non donne libere.

Il polemista

Tra le vittime, anche l'economista Bernard Maris, nato a Tolosa nel 1946: docente universitario, romanziere, collaboratore di molte testate transalpine (Marianne, Le Nouvel Observateur, Le Figaro Magazine, Le Monde), su Charlie Hebdo si firmava come Oncle Bernard (Zio Bernard). Con uno stile incisivo e nitido, cercava di dare al lettore le nozioni fondamentali dell'economia reale, rifiutando di considerarla come una scienza esatta e sostenendo la necessità per la piena comprensione dei fenomeni economici di 'frequentare' anche le discipline umanistiche: per lui, l'economia non era solo matematica ma un sapere complesso, inscindibile dalla filosofia e dalla consapevolezza storica.